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M5S in Europa, in prima linea per la #pace
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(fonte Conflitti e strategie)
Questo è uno dei primi articoli del Prof. Gianfranco La Grassa, economista e saggista, che viene ospitato in questo sito. Gianfranco La Grassa è professore emerito di politica economica alle università di Pisa e Venezia(quì una sua breve biografia con le ultime sue pubblicazioni). Ha scritto decine di saggi pubblicati con le più importanti case editrici italiane, da Editori riuniti a Feltrinelli, e parecchi suoi studi hanno avuto traduzioni in varie lingue.
Per fare conoscere il pensiero di Gianfranco La Grassa viene pubblicato in altre pagine una introduzione che scrisse qualche anno addietro il compianto Costanzo Preve.DI TRUMP…..IN TRUMP
Come avevo già rilevato, la battaglia attorno a Trump ricorda, in un
certo senso, il watergate. Tuttavia, le differenze sono notevoli e tutte mostrano
l’attuale campagna anti-neopresidente come qualcosa di assai più grave
e forse mai visto nella storia americana. Si sono avuti assassinii di presidenti
e tuttavia non ci si è spinti fino a rivelare fratture così gravi.
Il watergate durò due anni e la scusa fu lo spionaggio, considerato
illegale, in “casa democratica”. Qui si vuol andare per le spicce
e si arriva fino a considerare Trump connivente con l’antagonista russo;
addirittura pagato sulla base della dichiarazione di un importante deputato
repubblicano che afferma: “PENSO che Putin paghi Trump”. E con
quel “penso” si dà già tutto per dimostrato. Questa è appunto
la “democrazia” all’americana – che l’Europa “unita” (e
serva) sta scopiazzando da molti decenni – uno dei più bassi e
poco raccomandabili regimi politici che si possano immaginare.
Non è però questo il più interessante. E’ evidente
il ridicolo che dovrebbe ricadere sull’establishment americano, all’origine
di questa scatenata campagna per assoluta incapacità di tollerare anche
un momentaneo allontanamento (e per null’affatto totale) dai gangli del
potere. Solo popolazioni al limite della totale demenza ormai dilagante possono
credere alla favoletta secondo cui la Russia avrebbe pagato un presidente americano,
riuscendo inoltre a farlo eleggere. Che si dovrebbe dire di Gorbaciov che di
fatto liquidò il cosiddetto impero sovietico e poi l’Urss? E di
Eltsin, un vero corrotto? Di fatto, nessuno pensa a veri ingaggi da parte americana,
solo l’incapacità politica unita a difficoltà ormai al
limite dell’insostenibile per il regime sovietico e un totale distacco
da quelli che erano stati i moventi ideologici e politici della nascita, sviluppo
e poi stasi di quel sistema preso per “socialismo”.
Interessante è anche notare che i servi europei hanno accolto malissimo
l’elezione di Trump e continuano a flirtare con Obama e con quei gruppi
di dominanti (dei quali, con divergenze assai minori fra loro, fanno parte
anche consistenti quote del partito repubblicano), che evidentemente sentono
pericoloso restare troppo a lungo lontani dal centro di potere presidenziale.
Mi consento di sospettare che, come già a fine ottocento per quanto
riguardava allora l’Inghilterra, sia iniziato un certo declino del predominio
mondiale americano, che sembrava ormai affermato stabilmente dopo la fine dell’Urss
nel 1991. La crisi iniziata nel 2008 è stata un sintomo di multipolarismo
in marcia così come lo fu quella del 1873-95 per quanto riguardava il
progressivo ridimensionamento della potenza inglese insidiata allora dalla
crescita di Usa, Germania e, subito dopo, Giappone. Indubbiamente, per il momento
la potenza bellica statunitense è ancora pienamente in testa. Inoltre,
questo paese – a “democrazia” marcia e pregna di criminalità,
ma comunque abbastanza flessibile e “amebicamente” adattabile – ha
infiltrato un po’ dappertutto gli ambienti militari, dell’Intelligence,
ecc.; e anche quelli culturali con una marea di intellettuali venduti, mediocri,
ma portati in auge e imposti alle varie popolazioni (soprattutto dei paesi
a capitalismo più avanzato), una buona parte delle quali è di
ignoranza abissale e confonde l’annullamento delle proprie tradizioni,
civiltà, ecc. con il “progresso” e una “maggiore tolleranza”,
presa per grande risalto dato ai valori umani (un po’ sulla falsariga
delle mediocri furberie dell’attuale Papa, che va per la maggiore).
Il vero fatto è che ancora non riusciamo a ben afferrare la mutazione
di quell’anticapitalismo tipo ’68 e seguenti, divenuto ormai l’asse
portante di una società (soprattutto quella detta “occidentale”)
indubbiamente diversa dalla sua precedente configurazione, ma con ancora maggiori
diseguaglianze, prepotenze e disgregazione. Non c’è stato progresso
né regresso, solo un disfacimento e liquefazione sociale, politica (e
ovviamente ideologica) finora sconosciuti. Continuiamo, ad es., a chiamare
sinistra qualcosa che è nato con pretese di mutamento migliorativo della
società ed è finito in una sostanza gelatinosa, che tutto avvolge
e poi si diffonde senza limiti né fissazione di nuovi orizzonti solidi.
Si è partiti dall’esaltazione degli operai (proprio quelli esecutivi
e di fabbrica, non i marxiani produttori associati) da parte di intellettualoidi “piccolo-borghesi” (e
talvolta anche di ricche famiglie); alla fine, delusi, questi sono ripiegati
sulla lotta all’imperialismo da parte delle masse popolari dei paesi “sottosviluppati” (i “dannati
della terra” di Franz Fanon) oppure su quella di coloro che, nei paesi
sviluppati, avevano più basse condizioni di vita. Poi, in mancanza di
veri rivolgimenti anche in quest’ambito, è avvenuto il completo
mutamento, e peggiorativo, proprio di questa parte politica.
Quella che chiamiamo ancora sinistra si compone oggi, certo semplificando,
di due comparti: uno minoritario al vertice e uno di base, di gran lunga più consistente,
completamente “cloroformizzato” perché succube dell’altro
impadronitosi di ogni mezzo di informazione e di istupidimento “globale”,
tramite cui è stata cancellata ogni memoria storica di secoli e millenni
di civiltà. Al vertice sta una sorta di ceto medio ad alto reddito che
svolge le attività meno produttive e utili; si tratta di politicanti
di basso rango e di conduttori, intrattenitori, ecc, coadiuvati da pretesi
intellettuali che sono soltanto emeriti furbastri ormai privi di qualsiasi
intenzione a veramente comprendere il mondo. Costoro, e i loro “figliastri”,
hanno abbandonato la velleità di lottare contro il capitale o l’imperialismo
e ormai si dedicano soltanto a predicare ipocritamente i “buoni sentimenti” di
fratellanza, di mescolamento delle popolazioni, con grandi chiacchiere sull’arricchimento
culturale tramite stretto intreccio delle “diversità”, e
via dicendo.
Al vertice, insomma, ci stanno quelli che non credono minimamente a quanto
sostengono e si arricchiscono in vari modi (oggi con i migranti, ma è solo
l’ultima delle “trovate”). Alla base stanno le “pecore
belanti”, rincoglionite dai loro “padri” ex anticapitalisti,
ex antimperialisti, opportunamente riciclatisi dopo i loro ripetuti fallimenti;
conditi anche da delitti vari in anni passati e che si cerca di far passare
per errori o atti criminali di “altri”, mentre sono semplicemente
all’origine della sconfitta e dell’infame rimescolamento delle
carte da parte di questi disgustosi predicatori odierni della bontà e
fratellanza tra “esseri umani”. Questi sono per me i veri colpevoli,
da considerarsi ben più dannosi di qualsiasi assassino, anche “seriale”.
Sono l’infezione mortale di questa società. Tuttavia, è evidente
che anche la massa dei beoti è assai pericolosa, pur se si può ammettere
la buona fede e la semplice ignoranza del passato. Tuttavia, la buona fede
mette egualmente in pericolo la nostra sopravvivenza per quello che siamo stati
da secoli e millenni. Trovarsi senza più radici – e mescolati
ad altre popolazioni pur esse sradicate dalle loro tradizioni e cultura, che
non sono affatto da trattare come inferiori, solo assai spesso troppo diverse – può condurre
tutti all’annullamento come avviene quando materia e antimateria s’incontrano.
Occorre una misura e un’intelligenza che si scontrano con la volontà d’arricchimento
(non certo culturale) dei farabutti al vertice delle pretese “sinistre”.
Dall’“internazionalismo proletario”, dall’unione dei
popoli soggetti all’imperialismo, questi sconfitti e ideologicamente
azzerati dalle vicende dell’ultimo mezzo secolo (e anche più)
sono passati alla glorificazione della globalizzazione. La “destra”,
più tradizionalmente liberista, racconta le virtù del libero
mercato, dell’universale circolazione delle merci senza barriere che
arricchirebbe tutti. E mente sapendo di mentire poiché gli Usa sono
divenuti la più ricca e grande potenza del mondo con la guerra civile
scatenata non per liberare gli schiavi della “Confederazione”,
bensì per affermare il protezionismo vivificatore della potenza industriale
del nord “unionista”. E anche le altre grandi potenze come Germania
e Giappone hanno seguito la stessa strada. I liberal-liberisti mentono e sono
assolutamente dannosi, sono quelli che vogliono che la UE resti la serva degli
Usa, sono quelli che attualmente s’inventano i “Macron”.
Tuttavia, i furbastri al vertice della “sinistra” ingannano ancor
di più poiché s’inventano l’abolizione delle barriere
nazionali come sinonimo di universalismo “dell’amore”, come “virtuoso” annullamento
di ogni grande e millenaria tradizione culturale in un’unica grande comunità mondiale
pacificata e solidale. I liberal-liberisti sarebbero da bastonare solennemente.
I globalizzatori di “sinistra” dovrebbero essere trattati con metodi
un po’ più “definitivi”.
E finiamo allora con Trump. Non ci s’inganni su questo personaggio e
non si creda che rappresenti una svolta ad U nella politica di predominio degli
Usa. Alcuni di quei centri strategici – che stanno dietro alle politiche
dei paesi preminenti e che i fessi vedono solo come centri finanziari, anzi
addirittura quali singoli finanzieri alla Soros – hanno preso atto delle
difficoltà degli Stati Uniti dopo la sparizione del mondo bipolare.
Le politiche di Bill Clinton, Bush jr. e Obama non hanno condotto ad un nuovo
predominio monocentrico. Il multipolarismo è in marcia; e non credo
proprio che si fermerà, solo sarà come al solito ad andamento
sinuoso e con percorso accidentato. Trump, considerato rozzo e confusionario, è il
risultato di tentativi complicati e probabilmente destinati, infine, all’insuccesso.
Non penso ci si avvierà mai verso un nuovo monocentrismo, ma piuttosto
in direzione del policentrismo conflittuale acuto dopo un “opportuno” periodo
multipolare. Da qui le difficoltà di Trump e l’acutezza dello
scontro in atto negli Usa, di cui, tutto sommato, dobbiamo essere soddisfatti
per le indicazioni che ci fornisce.
Seguiamo, seguiamo attentamente. Tuttavia, se qui da noi, in Europa e in Italia,
non nascono nuove forze in grado di dare una spallata a questa devastante e
infetta “democrazia” elettorale, se si continua a credere soltanto
nel sovranismo (magari quasi soltanto nazionalista), dubito che otterremo reali
risultati. Per fortuna ci sono Russia e Cina; speriamo tengano il passo e una
giusta attenzione ai vari tentativi che saranno continuamente compiuti dagli
Stati Uniti (sempre più “nervosi”) per ottenere il completo
predominio nel mondo. Speriamolo, senza tuttavia risparmiare critiche a queste
deboli forze accusate oggi di populismo (per non dire fascismo), che ancora
si perdono dietro a discussioni elettoralistiche per conquistare qualche 0,… o
anche l’1-2-3% in più. E’ necessaria una svolta molto radicale
e opportunamente violenta; nel senso di una violenza lucida, ben diretta, non
con la volontà di vendicarsi dei mascalzoni che indubbiamente ci stanno
rovinando, ma semplicemente al fine di metterli nella condizione di non più nuocerci.
Introduzione al pensiero marxista di Gianfranco La Grassa secondo Costanzo Preve