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(fonte Conflitti e strategie)
Il prof. Gianfranco La Grassa, economista e saggista, di cui si pubblicano le opinioni in questo sito è professore emerito di politica economica alle università di Pisa e Venezia(quì una sua breve biografia con le ultime sue pubblicazioni). Ha scritto decine di saggi pubblicati con le più importanti case editrici italiane, da Editori riuniti a Feltrinelli, e parecchi suoi studi hanno avuto traduzioni in varie lingue.
Per fare conoscere il pensiero di Gianfranco La Grassa viene pubblicato in altre pagine una introduzione che scrisse qualche anno addietro il compianto Costanzo Preve.19 aprile 2018.
A me sembra vagamente ridicolo che si affidino ai risultati elettorali in Molise certe scelte in fatto di trattative per il governo. Lo stesso dicasi per il Friuli-Venezia Giulia, regione un po’ più importante, non solo per numero di abitanti, ma certamente non rappresentativa dell’elettorato complessivo. In ogni caso, visto che di fatto, malgrado tutte le chiacchiere, risulta evidente l’attesa (speranzosa) della Lega riguardo a queste votazioni, allora se tutto va come essa si augura si molli infine il “vile nano”. Inutile far tanti discorsi sulla lealtà che si vuole mantenere; questa è semplice ipocrisia. Non credo Salvini così coglione da pensare che la sceneggiata del “vecchietto” all’uscita dalle consultazioni con Mattarella fosse dovuta solo a questioni caratteriali di un uomo un po’ rimbambito dall’età o alla semplice volontà di far capire che è ancora lui il protagonista. La si smetta di fingere: è chiaro oltre ogni possibilità di dubbio che costui si è ormai accordato strettamente con i vertici della UE. E con i peggiori, quelli che seguono il duo franco-tedesco, oggi per la verità un po’ appannato dalle difficoltà tedesche con un governo rimediato alla meno peggio e dalle smanie “napoleoniche” del giovinastro francese gerontofilo. E per quanto oggi si sia in difficoltà con gli Usa, dato il conflitto in atto tra due gruppi di vertice decisamente ostili fra loro, tutti i peggiori dirigenti europei, cui ormai il “nano” si è venduto al 100%, vogliono mostrare la loro fedeltà di servi (che più servi non si può) comunque vada a finire quello scontro. Anche i “grillini” hanno ormai scelto per questo squallido atteggiamento già tipico dei piciisti dagli anni ’70, poi dei postpiciisti, infine pure del “vile d’Arcore” dal 2011 strisciante come un vermiciattolo ai piedi degli yankee.
Oggi abbiamo bisogno di forze autenticamente autonomiste (non piattamente nazionaliste o “patriottiche” come fossimo nella prima metà del secolo XX). E non ci si trinceri dietro la difesa della nostra civiltà dal pericolo della massa di migranti. Questo processo (iniziato non a caso dopo le aggressioni criminali di Usa e dei suoi infami sicari a partire dalla cosiddetta “primavera araba” con massacro di Gheddafi e della Libia) è soltanto un effetto della “disperazione” del marciume “atlantico”, alla cui potenza bellica (posseduta solo dai “padroni” statunitensi) corrisponde un totale e rapido disfacimento proprio della nostra civiltà. Una forza politica, che si pretenda nuova e “per l’avvenire”, non deve semplicemente dichiararsi pronta ad opporsi a certe pretese assurde della UE; e nemmeno predicare la mera uscita da quest’ultima o dall’euro, ecc. Il primo obiettivo è stabilire, in tutti i paesi europei in cui ciò risulti praticabile, un collegamento tra organismi finalmente lanciati all’uscita dalla Nato, alla piena indipendenza dagli Usa, alla creazione di una forza bellica propria; e logicamente allo sviluppo di settori strategici, al potenziamento dei propri Servizi, ad uno spostamento di alleanze internazionali.
Ci si deve inoltre mettere nell’ottica di una diversa politica interna, attenta a soddisfare le esigenze e attese di parti rilevanti della popolazione in fase di crescente immiserimento. Va difeso senza dubbio quel che resta del sedicente “Stato sociale”, senza raccontare che ormai dobbiamo stare attenti esclusivamente al nostro indebitamento. Tuttavia, almeno in Italia (ma non credo sia un problema solo italiano; diciamo che da noi è particolarmente assillante), è indispensabile rendere impotenti i nostri “cotonieri”, quelli di una Confindustria controllata da settori arretrati del “privato”, che non può che essere connivente con i settori dominanti statunitensi. Così come appunto – questa la lezione della Storia – i cotonieri del sud degli Usa di metà ‘800 favorivano, per i loro interessi, la predominanza dell’Inghilterra (prima potenza industriale). E l’“Unione” del nord – che scelse invece il necessario protezionismo della propria industria, con la “scusa ideologica” della “liberazione degli schiavi” nelle piantagioni di cotone – decise di muovere guerra alla “Confederazione” non per semplici ragioni economiche, bensì per quelle di una potenza in crescita cui l’economia fa da ancella. E gli Stati Uniti, una volta unificatisi sulla base dell’inesorabile (e sanguinosissimo) annientamento dei cotonieri, diventarono in ottant’anni (con due guerre mondiali, effetto non proprio augurabile) il primo paese dl mondo.
In ogni caso, impariamo la lezione interna degli Usa e schiacciamo i nostri “cotonieri”. Rilanciamo i settori strategici, come si era cominciato a fare ad esempio con Mattei, accoppato non certo da gruppi stranieri, usando la mafia quale mano d’opera, ma proprio da “arretrati” settori interni. E’ ora di smetterla con le balle, come nel “caso Moro”, soppresso pur esso da settori politici interni, ormai lanciati verso una maggiore fedeltà agli Usa e che puntarono al potere subito dopo la fine del sistema bipolare. Comunque, inutile raccontarsi menzogne. Il primo passo per rimettersi in sesto, nell’attuale fase storica di tendenza multipolare, è la decisa ridefinizione della propria posizione nello scenario internazionale. Da qui, dal rafforzamento di un paese nell’ambito mondiale, partirà poi la possibilità di un mutamento più radicale degli assetti politici e sociali interni. Sbrodolarsi nella lotta del popolo, delle masse, e altre panzane varie, è soltanto il preciso sintomo d’essere venduti ai dominanti attuali. E’ preliminarmente indispensabile spazzare via questi ultimi, organizzando una forza capace di farlo con l’intento preciso di ridefinire la posizione del proprio paese nel sistema internazionale in sobbollimento e continuo squilibrio multipolare. Sarà proprio nel momento dell’accentuarsi di tale squilibro, causato dalla vittoria in molti “poli” di forze nettamente autonomiste, che diverranno possibili e all’ordine del giorno anche le ristrutturazioni dei rapporti sociali interni e il rovesciamento di vecchi e ormai dannosissimi assetti dominanti.