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(fonte Conflitti e strategie)
Questo è uno dei primi articoli del Prof. Gianfranco La Grassa, economista e saggista, che viene ospitato in questo sito. Gianfranco La Grassa è professore emerito di politica economica alle università di Pisa e Venezia(quì una sua breve biografia con le ultime sue pubblicazioni). Ha scritto decine di saggi pubblicati con le più importanti case editrici italiane, da Editori riuniti a Feltrinelli, e parecchi suoi studi hanno avuto traduzioni in varie lingue.
Per fare conoscere il pensiero di Gianfranco La Grassa viene pubblicato in altre pagine una introduzione che scrisse qualche anno addietro il compianto Costanzo Preve.ALCUNE VERITA’ CHE SEMBRANO DIMENTICATE
“Isolazionista o interventista? Dopo il ridimensionamento del guru Steve Bannon, la strategia geopolitica del presidente statunitense Donald Trump appare contraddittoria e per certi versi enigmatica, indecifrabile, potenzialmente imprevedibile. Ha ceduto alle pressioni del Deep State e dell’apparato da lui tanto osteggiato in passato oppure fa parte di una tattica più ampia della sua amministrazione?”.
A questo punto sembra più probabile la seconda ipotesi. Dopo quelle
di Bill Clinton e Bush jr (direttamente aggressive) e quella di Obama (caos
e creazione di zone “melmose”; con interventi di “sicari”,
fra cui l’alimentato “terrorismo islamico”), sembra si cerchi
una strategia ancora diversa (anche se ci sono aspetti di quelle passate).
E’ solo perché le precedenti strategie sarebbero fallite o perché il
pur non facile né lineare avanzamento del multipolarismo complica viepiù il
quadro? La questione è tutt’altro che chiara e non è detto
sia molto chiara nemmeno per chi effettua certe manovre politico-militari.
Dobbiamo capire che ci stiamo avviando verso una nuova fase policentrica (non
imminente, è bene saperlo), che infine conoscerà scontri di sempre
più ampia acutezza, accompagnati come d’abitudine da sforzi mediatori
e da chiacchiere sulla volontà di pace dei contendenti; alla fine, tuttavia,
essi dovranno stabilire chi predomina. In un certo senso vi saranno costretti;
nemmeno i gruppi di vertice, con tutta la loro “oggettiva” abitudine
alla criminalità, sono così vogliosi di mettere a rischio i loro
poteri in uno scontro decisivo ed estremamente cruento. Bisogna però infine
capire che non si crea nessun ordine minimamente accettabile se non c’è un
centro coordinatore; e chi coordina è quello che vince lo scontro dopo
un periodo di disordine crescente. Quanto appena affermato è valido
sia all’interno di un paese sia nei rapporti tra paesi. Le chiacchiere
sulla speranza di pace perpetua, gli sforzi degli “uomini di buona volontà”,
ecc. devono infine lasciare il posto alla reale necessità di ordine
e coordinamento, che si non si ottengono con l’abbracciamoci e il vogliamoci
tanto bene. Chi racconta simili storielle è un infame mentitore o un
illuso senza spina dorsale, un semplice “piagnone”.
Possiamo allora soltanto attendere fatalisticamente il reciproco massacro?
Evidentemente no; tuttavia, se vogliamo ridurre al minimo gli “incidenti
mortali”, dobbiamo accettare infine il confronto e lo scontro con chi
da troppo tempo ci sta riducendo alla subordinazione più completa. L’eccezionalità del “mondo
bipolare”, durato abbastanza a lungo, ha assicurato nella parte “centrale” del
mondo (quella più sviluppata) un periodo di pace, legato però alla
subordinazione di molti paesi all’uno o all’altro polo. Adesso
siamo entrati in una fase molto diversa, che per di più va cambiando
a sua volta “pelle” in periodi successivi e con il tentativo del
predominante di uno dei due poli (il sopravvissuto) di avere il completo controllo
della situazione. Tale tentativo non è per nulla favorevole al mantenimento
di un minimo di equilibrio; da qui il disordine crescente attuale. Quindi,
quel predominante (evidentemente gli Usa) deve essere contrastato e si deve
arrivare al punto che esso si trovi nella situazione di rischiare tantissimo
insistendo sulla sua prepotenza e arroganza. Non si ottiene questo risultato
se non con l’unione degli sforzi di alcuni altri paesi, in cui si verifichi
la presa del potere da parte di forze politiche capaci di decisa autonomia
e di collegarsi fra loro in funzione anti-predominante.
Ovviamente vi sarà il pericolo che si arrivi in definitiva al ben noto
scontro mondiale tra gruppi di alleati. Tuttavia, se si crede di scansarlo
restando ancora subordinati e senza politica autonoma, il disordine crescerà e
si verificheranno tanti conflitti apparentemente minori con la preminenza di
alcuni (pochi) paesi e il netto indebolimento (e impoverimento) di molti. E
alla fin fine i pochi in crescita possono decidere di affrontarsi fra loro
per regolare i conti. Allora svegliamoci prima. Lotta per l’autonomia
(non nazionalismo cieco e privo di prospettive), da conseguire in un certo
numero di paesi importanti, regolando i conti all’interno con le forze
politiche debosciate e servili che oggi guidano questa ignobile UE. Poi unione
di questi paesi autonomi con altri (tipo Russia) per indurre gli Usa a ben
più miti consigli. Essi devono soprattutto essere resi ben consci che
questa volta non sarebbero esenti dalle pesanti distruzioni di città e
morte di milioni di civili. Finora hanno sempre portato l’“Apocalisse” negli
altri paesi; adesso devono sapere che subiranno la stessa sorte, e magari “con
gli interessi”. Altro che il banale crollo delle “due torri”,
su cui hanno strepitato e portato guerra dappertutto. Questa volta bisogna
renderli edotti che “Dresda, Hiroshima, Nagasaki” e tutto il resto,
che hanno portato nel mondo negli ultimi 70 anni, sarà “gentilmente” propinato
pure a loro. Forse ragioneranno, non si sa mai.
Introduzione al pensiero marxista di Gianfranco La Grassa secondo Costanzo Preve