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M5S in Europa, in prima linea per la #pace
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(fonte Conflitti e strategie)
Questo è uno dei primi articoli del Prof. Gianfranco La Grassa, economista e saggista, che viene ospitato in questo sito. Gianfranco La Grassa è professore emerito di politica economica alle università di Pisa e Venezia(quì una sua breve biografia con le ultime sue pubblicazioni). Ha scritto decine di saggi pubblicati con le più importanti case editrici italiane, da Editori riuniti a Feltrinelli, e parecchi suoi studi hanno avuto traduzioni in varie lingue.
Per fare conoscere il pensiero di Gianfranco La Grassa viene pubblicato in altre pagine una introduzione che scrisse qualche anno addietro il compianto Costanzo Preve.
La Cina sarebbe stata scoperta qualche tempo fa e duramente accusata dagli Usa
di aver dato petrolio al Nord Corea, infrangendo l’embargo. La commedia
dunque continua. I dirigenti cinesi hanno negato l’addebito di Trump, ma
nessuno può credere che essi siano fuori di testa. Tali sarebbero se contribuissero
a strangolare la Corea del nord. Diventerebbe meno lungo il periodo entro cui
le due Coree si riunificheranno, formando una vera potenza con la forza economico-industriale
di una e quella dell’armamento piuttosto potente dell’altra. E come
avete sentito, il sedicente dittatore nordcoreano, nel suo discorso di fine anno, è stato
distensivo verso il Sud e ha parlato senza mezzi termini di “nazione coreana”.
E’ questo che preoccuperà a tempo debito gli Stati Uniti, altro
che la “follia” del “dittatore”. Alla lunga, come detto
più volte, credo che si avranno nel Pacifico almeno le potenze di Cina,
Corea (unita) e Giappone, che per allora si sarà riarmato. E gli Stati
Uniti non si faranno certo estromettere da quell’area (da essi oggi dominata)
senza battersi con tenacia e accanimento per mantenere la loro influenza, che
sarà comunque ridimensionata nettamente rispetto a quella odierna. Non
mi azzardo a presumere cosa accadrà dell’India, che forse cercherà spazi
verso sud e sud-est e dovrà comunque confliggere con il Pakistan (e ovviamente
non correrà buon sangue con la Cina). E’ certo che questi paesi
non si metteranno ognuno contro tutti; assisteremo a molti “giri di valzer” tra
di essi. In ogni caso, nel momento attuale, la Cina ha interesse a ritardare
il rafforzamento militare nordcoreano (che un giorno avvantaggerà una
potenza concorrente in quell’area); e da questo punto di vista essa dunque
non finge nell’avere qualche interesse simile a quello statunitense. Non
però fino al punto di veder scomparire quel paese, magari inghiottito
prima del tempo dalla Corea del sud, ancora lontana dal potersi affrancare dalla
dipendenza rispetto agli Usa. Gli ambienti statunitensi – anche quelli
che si esprimono in Trump – non possono non sapere questo.
Tuttavia, fare la voce grossa serve al neopresidente pure ai fini della contesa
interna con gli avversari (attivi non solo fra i democratici), che gli stanno
portando un attacco di particolare virulenza. In definitiva, per sintetizzare,
la Cina ha interesse a rallentare l’armamento nordcoreano in vista del
futuro; non però fino al punto di indebolire pesantemente l’assetto
di potere del paese, creando così una situazione che favorirebbe sia il
sud sia, in fondo, gli Stati Uniti finché resteranno predominanti nell’area.
Questi ultimi alzano la voce per dimostrarsi i veri difensori dei sudcoreani,
di cui si cerca di ritardare (o forse si spera perfino di impedire) un loro magari “parallelo” riarmo
(con la scusa del pericolo a nord) e, in un periodo più lungo, una riunificazione
coreana del tipo di quella sopra prospettata. Nello stesso tempo, la rigidità americana
verso il Nord Corea (e quindi verso chiunque fornisca aiuto a tale paese) serve
anche nei confronti del Giappone, che freme per potersi infine riarmare e a tal
fine prende come scusa l’inesistente pericolo rappresentato da quel paese,
dichiarato in mano ad un dittatore pazzo e feroce; in definitiva, la solita riedizione
del “nuovo Hitler” dopo Milosevic, dopo Saddam Hussein, ecc. ecc.
(sono così tanti che è meglio soprassedere).
Per inciso, ricordo che il Giappone degli ultimi decenni del secolo scorso si
illuse di poter progressivamente conquistare il primato nel mondo (ed esportò ingenti
capitali negli Usa soprattutto per investimenti immobiliari) grazie all’“avanzata” strepitosa
dell’industria automobilistica, tipica della seconda rivoluzione industriale
pur se con netti ammodernamenti definiti toyotismo (od ohnismo dal nome dell’ing.
Ohno artefice della “qualità totale” proprio alla Toyota).
Anche alcuni intelligentoni, che si professavano marxisti e molto “rivoluzionari” (i
soliti “operaisti” e affini), videro nel Giappone la nazione dominatrice
nel futuro secolo XXI oltre a inchinarsi ammirati di fronte al “robogate”,
al “Lam”, ecc. della Fiat, allora considerata portatrice di innovazioni
similari a quelle dell’industria giapponese (quanto tempo è passato
da allora!). In pochissimi anni (già nel 1992-93) il Giappone entrò in
piena stagnazione per almeno un dodicennio, fu battuto nell’avanzamento
della terza rivoluzione industriale con i suoi nuovi settori strategici, importantissimi
nei settori militari e dell’informazione. Tutti i suoi investimenti (soprattutto
appunto quelli immobiliari) negli Usa furono liquidati in breve tempo; e con
notevoli perdite, com’è ovvio (della Fiat e delle sue “grandi
novità” tecnologiche non si parla più da gran tempo). Gli
sciocchi profeti di cui sopra non si rassegnarono e si buttarono sulla Cina come
dominatrice del XXI secolo. Tale paese non farà certo una brutta fine,
il Giappone tornerà a riprendersi abbastanza bene, ma non ci sarà alcun
dominatore mondiale in questo secolo per un bel po’ di tempo e fino a quando,
eventualmente, una nuova serie di conflitti “a tutto campo” non avrà deciso
circa la supremazia di “qualcuno”.
Non c’è attualmente alcun pericolo di conflitto nucleare. Siamo
nel pieno delle manovre e contromanovre, degli avvicinamenti e allontanamenti
fra i vari paesi divenuti potenze o almeno subpotenze regionali. In questo momento è di
nuovo in atto un tentativo di sfruttare dissidenze e disagi interni all’Iran – alimentati
dall’esterno e soprattutto dai soliti Usa – per depotenziarlo e indebolire
così quel paese che è di fatto un aiuto alla Russia almeno nel
caso della difesa della Siria. Si comincia a capire meglio la mossa di Trump
relativa a Gerusalemme capitale di Israele. Mossa simbolica dato che non ha cambiato
molto ciò che era già nei fatti, ma che è stato un segnale
lanciato nella direzione del paese ebraico; così come l’annullamento
dell’accordo nucleare con l’Iran. Israele non ha certo gran che aiutato
l’Isis come ha fatto l’Arabia Saudita, adesso però ritiratasi
da quell’appoggio di cui ha invece accusato il Qatar, con cui prima collaborava.
Tuttavia, l’Arabia Saudita manifesta tuttora avversità ad Assad
(e quindi all’Iran e agli hezbollah), mentre Israele, accanito nemico dell’Iran,
si mostra più moderato verso il governo siriano (non crediamoci comunque
troppo).
La Russia si è offerta poco tempo fa come mediatrice nel conflitto (assai
meno acuto di quanto mostrato “ufficialmente”) tra Usa e Nord Corea.
Non credo che il paese eurasiatico abbia intenzione di impegnarsi a fondo in
simile operazione. E’ in fondo una mossa diversiva, tutto sommato un gesto
d’attenzione verso la Cina, con la quale vi è una collaborazione
non di fondo e che durerà fin quando la Cina, com’è d’altronde
probabile, si concentrerà sull’area asiatica e non avrà mire
eccessive verso il “suo” ovest. Malgrado la Russia sia considerata,
certo a ragione, un paese eurasiatico, ho la netta sensazione che la sua massima
attenzione sarà concentrata verso l’area europea e quella mediorientale.
In quest’ultima non credo con grandi mire oltre la Siria; semmai manterrà rapporti “equilibrati” con
Iran e Turchia, che sembrano avere maggiori chances e intenzioni d’influenza
in quell’area. La Russia svolge anche delle azioni nell’area africana
nord-occidentale; ad esempio verso la Libia, in particolare quella di Tobruk
guidata dal gen. Haftar e che di fatto non riconosce quella di Sarraj (Tripoli)
appoggiata dall’ONU (e dalla Nato) e sotto l’influenza statunitense
e “occidentale” in genere.
Non penso tuttavia che la Russia abbia particolari energie da spendere attualmente
in aree piuttosto lontane dai suoi confini. Probabilmente si concentrerà nei
prossimi anni a nord (Artico), ma soprattutto ad ovest verso l’Europa.
Qui la situazione è molto complessa. Nei suoi paesi orientali si stanno
almeno al momento affermando forze che poco riconoscono la supremazia dell’asse
franco-tedesco, del resto meno unito d’un tempo sia per la necessità manifestatasi
in Francia di creare ex novo una forza sostitutiva di quelle tradizionali (“socialista” e
sedicente gollista) in crisi disastrosa sia per l’indebolimento del governo
tedesco. D’altronde, tali paesi (in particolare Polonia e Romania) sono
particolarmente ostili alla Russia. La migliore soluzione per un reale indebolimento
in Europa del potere statunitense – oggi certo in qualche difficoltà per
i contrasti interni al paese e per la crescente piattezza e inettitudine delle
forze al governo nella nostra area, ancora però legate alle prospettive
del precedente establishment americano – dovrà a mio avviso passare
per l’affermarsi, soprattutto in Germania e Italia, di forze non certo “populiste” come
quelle così definite (anzi le si passa spesso per addirittura fasciste)
da parte di squallidi organismi autodefinitisi “antifascisti”, bensì di
altre organizzazioni politiche (oggi inesistenti) capaci di violenze che magari
detti paesi hanno conosciuto molto tempo fa, ma che debbono avere oggi intendimenti
del tutto diversi e in un certo senso opposti. In particolare, sarebbe necessario
che l’eventuale drastico rivolgimento nei due suddetti paesi fosse indirizzato,
pur senza rinunciare per nulla alla propria autonomia, ad una forte alleanza
con la Russia, alleanza che riesca infine a influenzare in modo decisivo l’area
europea. Si tratta di un’operazione di speciale difficoltà e contro
la quale gli Usa, in tutte le loro componenti predominanti e dunque con strategie
differenti, agiranno in continuazione. Ed è tuttavia l’operazione
decisiva per ribaltare gli attuali rapporti di forza. Quanto meno nella nostra
area, ma in fondo anche in un più ampio ambito mondiale.
Alcuni si fanno impressionare dalla presenza della Cina, con i suoi vasti investimenti
fuori della sua più specifica area di pertinenza: sia in Africa, sia anche
in Europa (e, in specie, credo proprio nel nostro paese). Si tratta del solito
ottuso economicismo, tipico sia dei liberali che degli ambienti detti di “sinistra” e
di cui furono pure responsabili dei “marxisti” che poco hanno letto
e studiato le principali opere di Marx. La Cina, anzi, dovrà proprio stare
attenta a non ripetere l’errore dei giapponesi anni ’70-’80,
che pensarono di “comprarsi” gli Usa e sono oggi abbastanza in ritardo
circa le possibilità di ridivenire un competitore per la supremazia mondiale.
Quel tipo di investimenti ha importanza in quanto strumento per arricchirsi e
avere maggiori risorse da dedicare al proprio irrobustimento complessivo, non
escluso quello bellico, di cui mai va sottovaluta la rilevanza decisiva. La potenza
deve però essere poi indirizzata all’ampliamento della propria area
d’influenza, dove questa forza acquisita si ramifica tramite una rete di
contatti particolari con settori dei paesi soggetti a detta influenza: settori
culturali e anche (e ancor più) di controllo degli apparati di potere
nella sfera politica e dell’informazione e manipolazione della “opinione
pubblica”. E le aree d’influenza devono allargarsi a partire da quella
di pertinenza del proprio paese e pian piano diffondersi tutt’intorno,
se ci si riesce, a macchia d’olio.
Penso che i dirigenti cinesi lo sappiano e proprio per questo non siano così sciocchi
da indebolire in questo momento la Corea del Nord. Guai se non ne avessero consapevolezza;
rischierebbero un tracollo non eguale, ma con qualche somiglianza rispetto a
quello dell’Urss con il suo “campo socialista” (1989-91), che
essa non riusciva ad influenzare adeguatamente, essendosi fra l’altro cristallizzatasi
nelle sue strutture sociali interne. La Russia mi sembra l’abbia capito
bene; e non penso che dedicherà la maggior parte delle sue energie e risorse
per la conquista di importanti zone in Medioriente e meno che meno in Africa
(del nord). Qui essa ha sviluppato una serie di manovre per non farsi espellere
del tutto e mantenere rapporti il più possibile meno ostili con alcune
subpotenze della zona (in primis, appunto, Iran e Turchia). Gli Usa sono attraversati
da robusti contrasti interni. Obama voleva forse giocare la carta della divisione
tra islamici; Trump sembra ripreferire l’alleanza con Israele. Comunque,
nulla di ancora definitivo. La Russia dovrà comunque operare principalmente
sul fronte europeo.
E si ritorna appunto all’esigenza che in Germania e Italia ci siano rivolgimenti
di notevole portata. Non dimentico la Francia; e tuttavia, in questo paese alcuni
recenti avvenimenti – radicale sostituzione di vecchi partiti con quello
solo apparentemente nuovo di Macron; debolezza assai manifesta di organizzazioni
che volevano presentarsi come nettamente alternative – rendono il terreno
particolarmente scivoloso per effettive novità. In ogni caso, non si deve
ripensare alla semplice ripetizione del passato. Se tali rivolgimenti germanico-italici
potranno svilupparsi, avranno alcuni caratteri violenti, ma dovranno perseguire
finalità del tutto diverse da quelle di un tempo ormai lontanissimo: alleanza
con la Russia e progressiva drastica riduzione della predominante influenza statunitense.
Qui, nella nostra area europea, si giocherà la vera partita mondiale malgrado
tutte le chiacchiere sulla prevalente importanza acquisita dallo scacchiere asiatico.
E sarà una partita difficilissima e con tante incognite e “dolori”.
Direi di fermarmi qui; tanto si tratta di un’analisi che dovrà tenere
in continuazione gli occhi puntati su una situazione in rapida e confusa evoluzione,
con incessanti svolte e fenomeni che al momento lasceranno perplessi; come ad
esempio l’atteggiamento di Bannon nello scontro interno agli Stati Uniti,
che non credo debba essere immediatamente giudicato. E così accadrà di
molti altri eventi nel corso dei prossimi mesi e anni. Occorrerà sempre
molta cautela e ponderazione; poca fretta nel valutare gli eventi e invece rapidità nel
mutare giudizi e previsioni a seconda delle svariate giravolte cui dovremo assistere.
Sopra una mappa geo-politica che evidenzia conflitti e tensioni nel corso del 2017 tratta da http://www.limesonline.com/fuori-dai-radar-2017/99518