Lo cunto de li cunti, di Giambattista Basile. Tipi, motivi dei cunti e considerazioni I giornata.

Tipi e motivi dei cunti in accordo con Aarne e Thompson: "The types of the folk-tale" Helsinki, 1928, e in accordo con Stith Thompson:"Motif-index of folk-literature" Helsinki 1932.Da Norman Mosley Penzer, The Pentamerone of Giambattista Basile Londra 1932 con traduzione e qualche aggiunta di Salvatore La Grassa(SLG)

Online Il cunto de li cunti in dialetto napoletano a cura di Michel Rak(su letteraturaitaliana.net

Online la prefazione all'opera di Benedetto Croce e i cunti di I e II giornata con testo in dialetto conforme alla stampa del 1634

I cunti delle giornate III, IV e V con testo in dialetto conforme alla stampa del 1634


La vecchia scorticata(I giornata, 10° cunto)


Tipi

Motivi:

D1860. Reso bello per magia.

J2411.1. Imitazione non riuscita di un magico ringiovanimento.

K1984.4. Una donna molto brutta si lamenta del decadimento dei fiori.

Motivo tralasciato: Suscitare il riso delle fate porta buona ventura.



Considerazioni

Una donna bellissima era Elena, la moglie di Menelao rapita da Paride. Nell'antica isola di Rodi si diceva che essa fosse stata impiccata o legata a un albero e strangolata (anche Artemide veniva talora venerata con l'appellativo di «Impiccata»: Pausania 8.23.6-7), e a Sparta veniva mostrato l'albero di Elena (Teocrito, Idilli 18.46 ss.). Probabilmente con queste rappresentazioni veniva proposto il lato magico-vegetale delle dee o semidee, e nell'essere vegetale non esiste la morte, ma molto spesso una sua trasformazione o meglio una rinascita prorompente. L'essere sospesi, più che impiccati, equivale a stare tra il cielo e la terra, probabilmente come gli iniziandi quando sono nel limitare: stare nel margine, tra la vita e la morte, ha un valore superiore che stare dall'una o dall'altra parte perchè si sta in contatto col divino; e può benissimo essere riferito a qualcosa o qualcuno dotato di mana, di magia.
Un uso antico agrario in cui si adombra una impiccagione è quello della caprificazione, che consiste nell'appendere, in maggio-giugno, alle piante di fico domestico dei rami di caprifico(ficus carica caprificus) con i loro profichi, dai quali escono gli insetti che trasportano il polline nei veri fichi di quello domestico. Quindi l'azione del caprifico appeso risulta fecondante in una maniera che gli antichi non sapevano spiegare bene: oggi l'agraria è una branca scientifica, ma sicuramente nell'antichità tutta l'attività agraria era sotto il potere della Dea. Nell'antica Roma il caprifico era il protagonista vegetale di una festa, le Nonae caprotinae, che si svolgeva il 9 luglio e durante la quale le donne partecipanti bevevano lattice del fico selvatico e si percuotevano a vicenda con rami dell'albero. Lo scrittore latino Macrobio(Alfredo Cattabiani, Florario, pp.115ss) spiegava la festa collegandola a un episodio storico che aveva coinvolto donne schiave, episodio in cui queste schiave si erano dimostrate eroiche; ma in effetti si può supporre che quella festa dovesse provocare nelle donne la fertilità e quindi anche la bellezza ad essa connessa. Quando, nel cunto basiliano, la vecchia sorella invidiosa decide di farsi scorticare probabilmente siamo di fronte ad un residuo, ad un relitto di quei riti. Sempre nell'antica Roma, sei mesi dopo le Nonae caprotinae, durante i Lupercali, le donne venivano "februate" dai luperci con l'amiculum Iunonis, cioè con strisce di pelle di capra. Molto probabilmente con tale fustigazione erano parimenti purificate e avviate alla fertilità. Giunone era presente a entrambe le feste(quella della capra vegetale e quella del capro animale) insieme con la divinità maschile che informava l'animale e l'albero, e si chiamava Fauno in febbraio, Marte in luglio.
Il riso delle fate che ridono molto raramente, probabibilemente, sorge spontaneo perche' mai qualcuno si sarebbe sognato di appendere una vecchia a un fico come fosse il ramo di un caprifico. Nel Pentamerone altre fate ridono quando assistono al tentativo goffo ma grottesco di Saporita(Le sette cotennine, IV, 4) di filare una quantità enorme di lino. Per ricambiare coloro che le fanno ridere le fate aprono loro la strada, li aiutano fino all'inverosimile. Le fate col riso si umanizzano e lo sentono come forma particolarmente salutare.
Il Basile imbastisce un cunto pieno di ridondanze barocche sull'invidia di una sorella, tema tradizionale dei racconti popolari. Questa sorella non vuole essere da meno della sorella, ridiventata giovane e divenuta sposa del re grazie alle fate, e a qualunque costo vuole ritornare ad essere bella come quando era fanciulla. Probabilmente il Basile mette in evidenza la voglia sfrenata delle donne di corte ad apparire sempre belle e desiderabili anche dopo una certa età. Ma allora non c'erano i chirurghi plastici come oggi, c'erano invece i barbieri ancora non in grado di trasformare e/o camuffare i tessuti: e da un barbiere la sorella si fa scorticare, un consiglio che le aveva dato la vecchia diventata giovane per levarsela di torno.
Una notazione: c'era in quel tempo o qualche secolo prima una pomata per rendere morbida la pelle e ne Le Laude(secondo la stampa fiorentina del 1490) di Iacopone da Todi (1233 – 1306) viene chiamata “scortico”. Anche questo termine è mediato dal mondo vegetale. Qualche volta i contadini scorticano la corteccia o parte della corteccia di un tronco d'albero, quando la trovano troppo ispessita ed invecchiata, con delle screpolature sotto cui vanno ad innidarsi tutti quei parassiti che svernano lì sotto. Nell'antico Egitto c'era pure una simbologia dell'albero sfrondato, connesso ad Osiride e talora ad Iside.


I cunti della prima giornata


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