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I canti popolari siciliani sono lo specchio dell'anima siciliana. Alberto Favara trascrisse senza problemi pure i canti popolari di malavita, i canti dei carcerati, qualche canto erotico. Ma questi canti sono poco numerosi rispetto a quelli di carattere religioso.
Canto di mietitori(n.300 CMPS)4kb
Originario di Salemi. E' un canto collettivo di ringraziamento al Signore. Veniva cantato in coro dai mietitori durante il periodo della mietitura ogni sera dopo la cena. I contadini riuniti in lunghe tavolate si levavano in piedi e cantavano questo canto dolce e andante. La tonalità è media, l'ampiezza non supera un'ottava e non ci sono vocalizi di sorta: cosicché era facile da imparare e cantare. E' probabile che il canto sia molto antico. Questi i versi:
Ora
ch'avemu manciatu e avemu vivutu,
Ladamu a cu li grazii n'ha datu.
Lodari lu vulemu arrilassatu.
A Maria Santa cu Gesù a lu latu.
Jeu sta parola la lassu pi vutu:
Lu Santu Sacramentu sia ludatu.
E sia lodatu milli vorti e centu
E sempri viva la Matri di Diu.
Cu la Matri di Diu siamu amici,
'Mparaddisu ni porta e n'arridduci.
Livannu di la tavula si dici:
Viva lu santu lignu di la Cruci!
Cruci, Signuri meu, v'haiu ladatu
Ditta mi l'haiu la me' Vimmaria.
Lu Santu Sacramentu sia ladatu,
E viva di lu Carminu Maria!
Testo in italiano
Ora che abbiamo mangiato e bevuto
Lodiamo a chi ci ha permesso di farlo
Lo vogliamo lodare rasserenato
insieme a Maria Santa e Gesù accanto.
Io queste parole le ho lasciato in voto:
Il Santo Sacramento sia lodato,
e sia lodato mille volte e cento
e sempre viva la Madre di Dio.
Con la madre di Dio siamo amici,
In paradiso ci porta e ci conduce.
Alzandosi dalla tavola si dice:
Viva il Santo legno della Croce!
Croce, Signore mio, Vi ho lodato
ho recitato la mia Ave Maria.
Il Santo Sacramento sia lodato,
Evviva la Madonna del Carmine.
Lamentazioni di la passioni
Canto di mietitori
Lamintazioni di la passioni (n.670 CMPS)6kp
Molto numerosi sono i canti che i popolani cantavano in occasione della Settimana Santa. Sono canti di lamento con cui il popolo partecipava con forte pathos alle sofferenze di Gesù Cristo. Le caratteristiche del canto popolare siciliano, cioè il suo cantinelare e la ripetitività della melodia, lo rendono molto adatto a questo tipo di canto accorato. Fra tanti canti ho scelto quello di Racalmuto perché è un canto a due voci: quella del coro narrante e quella del coro-popolo che sgomento commenta o annota. Il canto narra di un tentativo estremo (sicuramente senza alcuna connessione con i vangeli della Chiesa Cristiana, nè con i vangeli apocrifi) per evitare la crocifissione di Nostro Signore, che fanno Maria, Marta e Maddalena. La realtà della morte di Gesù Cristo è insopportabile per le tre donne e per il popolo tanto che il racconto evangelico viene stravolto. Il canto procede lento come una processione funeraria. Ad ogni verso c'è un triplice commento del coro-popolo con una nota lunga e grave. Presenti anche dei vocalizzi lenti, che in questo caso fanno da sfogo a un dolore viscerale. Il Favara ricorda che i popolani di Racalmuto sapevano che questo loro canto non era riconosciuto dai preti, ma ciò nonostante ogni anno organizzavano una processione spontanea per le strade del paese. Gli uomini per le strade a cantare e le donne tutte affacciate ai balconi. Questi i versi: sicuramente fanno da sfogo a un dolore viscerale:
Coro
narrante: Maria passa di na strata no va,
Coro popolo: nova
Coro
n.: La porta d'un firraru aperta era.
Coro p.: era
Coro
n.: O caru mastru chi faciti a st'ura?
Coro p.: A st'ura
Coro
n.: Fazzu 'na lancia e tri pungenti chiova
Coro p.: chiova
Coro
n.: O caru mastru nun lu fari a st'ura
coro p.: a st'ura
Coro
n.: Di novu ti la passu la mastria
Coro p.: Ah! Ah! Ah!
Coro
n.: O cara donna 'un ni lu pozzu fari
coro p.: fari
Coro
n.: Unni c'è Gesù ci mettinu a mia
Copo p.: a mia
Coro
n.: E l'abbatteru cu 'na virdi canna;
Copo p.: canna
Coro
n.: Marta, Maria e Maddalena.
Coro p.: lena
Coro
n.: Pigghia sti scali ca me figghiu scinni
Coro p.: scinni
Coro
n.: Pigghia sti scali ca me figghiu scinni
Coro p.: scinni
Il simulacro della Madonna Addolorata è molto spesso in Sicilia
portato in processione il venerdì santo. Il punto culminante della
processione della Madonna è l'incontro col simulacro di Gesù che
porta la croce. Nell'incontro tra la Madonna e il Redentore il popolo
sente la passione,
la sofferenza
della madre per il figlio che va a morire sul Golgota.
In qualche paese, come a Licodia in provincia di Catania o a Borgetto in
provincia di Palermo, coloro che portano la vara con la statua del Cristo
fanno l'annacata, cioè fanno in modo che la statua ondeggi. In siciliano
la parola "annacata" ha molteplici significati. Principalmente si riferisce
al vezzo di far dondolare i bambini piagnucolosi. Ma si dice anche nel senso
di sollecitare qualcuno a muoversi, a fare qualcosa, a sbrigarsi.
A mio avviso le "annacate" si facevano originariamente a divinità pagane,
nel senso che le facevano danzare. Era quella danza, la danza del simulacro
della divinità, che doveva propiziare il cambiamento, la buona stagione,
il nuovo anno, la guarigione, la buona salute, il buono raccolto. Esempi
antichi di danze sono quelle relative al dio greco Dioniso, il dio greco
delle danze e delle processioni. E probabilmente, più anticamente
ancora, la Gorgone era una divinità danzante, poi fortemente negativizzata
dai Greci. In alcuni paesi della Sicilia coloro che portano le vare nella
processione
hanno il volto nascosto da un cappuccio. Qualche vescovo ha impedito la prosecuzione
di questa tradizione. Probabilmente questo uso deriva dagli usi spagnoli
e cioè dalla dominazione spagnola in Sicilia e nel mezzogiorno d'Italia.
Gli appartenenti alle confraternite usavano vestire col saio e la testa incappucciata
anche quando moriva una persona facente parte del gruppo dei confratelli,
sicuramente sino a gran parte del XIX secolo. Ora è rimasto in uso solo per
la processione del "venerdì santo", attraverso
la quale ci si associa al percorso di Gesù nella Via Crucis. Prima si
camminava a piedi scalzi e succede che qualcuno per voto lo faccia ancora
adesso. Gli incappucciati probabilmente derivano
dall'uso
pagano
di rappresentare
il
ritorno dei morti,
degli antenati
nei
rituali agrari in cui avveniva o si pensava che avvenisse un processo di
rinnovamento.