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Francesco La Grassa:
insigne costruttore di organi liturgici

La storia della famiglia La Grassa, costruttori d'organi liturgici.
Francesco e Salvatore La Grassa
Nell'Ottocento si accentua in alcuni organari una vocazione a fare sempre di più, a sperimentare macchine dalle numerose tastiere, con maggiore ampiezza fonica e numero più alto di registri. Il campione più impegnato nello "stupor mundi" è Francesco La Grassa.
Costui nacque a Palermo ad Altarello di Baida e a soli 6 anni restò orfano di entrambi i genitori e poco dopo perse anche lo zio paterno, suo tutore. Una breve biografia tracciata dal nipote Francesco, figlio di Pietro(in appendice a Storia dell'arte organaria in Sicilia dal secolo XV al secolo XX", edita nel 1928, di Damiano Di Pasquale), pone l'accento sulle sue capacità innate e sulla sua volontà di riuscire. Può darsi che l'adolescente Francesco La Grassa sia andato avanti con metodo empirico. C'è comunque da osservare che a Palermo c'erano a quel tempo gli Andronico,  e c'era soprattutto la bottega di Salvatore La Grassa. Non si conosce con certezza la parentela tra i due, ma è probabile che Salvatore La Grassa fosse un cugino del padre di Francesco.
Salvatore La Grassa aveva infatti un figlio pure di nome Francesco, che, lavorando col padre, prese a chiamarsi La Grassa Francesco D'Amico(nome della madre), per distinguersi dal nostro personaggio che si faceva chiamare La Grassa Francesco Sclafani(il nome della madre).
Il figlio Pietro, nella biografia tracciata dal di lui figlio Francesco(op.cit.) non accenna a qualche  rudimento di mestiere presso una bottega di organari, anzi evidenzia come il padre Francesco, che fra l'altro  imparò a leggere e a scrivere intorno ai 35 anni quando dimorava a Trapani, sia stato un autodidatta nell'arte organaria. Da piccolo(secondo questa biografia) imparò il mestiere di falegname presso una falegnameria e nel contempo   apprese qualche rudimento di meccanica. Sempre dalla biografia su accennata discende che Francesco La Grassa ebbe 17 figli, di cui però soltanto uno, cioè Pietro(cioè la fonte stessa della biografia),  continuò la professione del padre. Però gli studiosi riconoscono Giuseppe La Grassa(nato nel 1828), altro organaro, come figlio di Francesco. E' probabile a questo punto supporre che non corresse buon sangue tra Pietro e Giuseppe La Grassa(quest'ultimo teneva moltissimo a essere collegato al padre Francesco tanto che l'organo di Maria SS. delle Grazie, a Bisacquino, fu firmato: "Giuseppe La Grassa del fu Francesco"-vedi G.B. Vaglica, Gli organi antichi nel territorio monrealese, pag.74).
Se Pietro La Grassa non riconosce nemmeno il fratello Giuseppe(probabilmente per rivalità nel campo del lavoro), mai e poi mai poteva accennare a Salvatore La Grassa, che in qualche occasione fu invece il rivale del padre Francesco, probabilmente di una generazione precedente.
Di Salvatore La Grassa, nato probabilmente alla fine del secolo XVIII, si può dire che costruì l'organo per S. Lucia al Borgo(1832) a Palermo e per S. Nicolo' da Tolentino(1842), sempre a Palermo. Per questo secondo organo fu premiato con medaglia d'oro dal Luogotenente generale di Sicilia per l'eccellente imitazione in esso degli strumenti, soprattutto di quelli a corda, di quelli di ottone e specialmente dell'oboe(La Cerere, n.63 agosto 1842). Nel 1842 ebbe il compito di ingrandire e rinnovare l'organo settecentesco della Collegiata di Monreale, ma qualcosa non andò per il verso giusto e dopo quattro anni, un anno prima della scadenza di ciò che oggi chiamiamo "garanzia", il Capitolo della chiesa in una lettera diretta all'organaro si lamentava del lavoro svolto: cioè che l'organo non era accordato e mancava di potenza. E' probabile che Salvatore La Grassa non fosse riuscito ad amalgamare le canne da lui costruite con il "corpus" di canne settecentesche(G.B. Vaglica, op.cit.). O meglio, quell'equilibrio tra vecchio e nuovo, quell'armonia che l'organaro Salvatore La Grassa era riuscito a dare all'organo e che, evidentemente, aveva fatto si che l'opera superasse la prova d'efficienza, ebbe breve durata.
 Salvatore La Grassa fu pure organaro del monastero di San Martino delle Scale, probabilmente dal 1843 al 1849(G.Dispensa Zaccaria,Organi e organari in Sicilia dal 400 al 900 - p.33). E forse  Salvatore La Grassa, anche se altri attribuiscono tale opera all'organaro Filippo Di Blasi, apportò dei miglioramenti all'organo di San Martino delle scale, come il completamento della prima ottava grave della tastiera dell'Organo grande  e l'estensione degli acuti fino al Do 6, nonchè la disposizione dei dodici pedali cromaticamente dal Do 1 al Si 1 - (ibidem p.34).

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