PERCHE' LA FIABA APPASSIONA ANCORA



La foresta incantata, immagine da computergrafica di Daniele La Grassa

Le fiabe, i racconti popolari come testimonianze del rapporto natura-cultura nella storia.

Perchè interessa la fiaba, il racconto popolare? Sono disparati i motivi per cui ancora ci si interessa alle fiabe e ai racconti popolari.1) Per i bambini: E' breve, è semplice(quanto è sciolto e moderno il linguaggio del narratore), quasi sempre si chiude con la fortuna dei buoni e la punizione dei cattivi.2) Per gli studiosi di letteratura: per il rapporto tra la narrativa orale e gli scrittori, per il modo in cui temi e motivi salgono e scendono dal livello popolare a quello letterario e viceversa. 3)Per gli studiosi di etnologia: perchè nei racconti popolari ci sono dei relitti culturali, riutilizzati con un riciclaggio intelligente, che possono farsi risalire a popoli molto diversi dal nostro. A popoli che non hanno lasciato, forse volutamente, altra traccia se non le macerie delle loro capanne di canne e fango, di popoli che tenevano segreti alcuni racconti sacri e temevano di perdere la loro essenza spirituale e quindi tutto il loro mondo se quei racconti fossero stati comunicati o svelati ai popoli nemici. 4) Per gli studiosi di storia delle tradizioni popolari e di storia delle religioni; sicuramente i racconti popolari che noi occidentali oggi possiamo leggere sui libri, circolavano già in tempi molto remoti. Per esempio nell'antica Grecia esistevano credenze popolari che non avevano nulla a che vedere con gli dei olimpici. Esiodo era un poeta contadino e conosceva talune di queste credenze popolari che egli descrisse ne "Le opere e i giorni". Gran parte della sua "Teogonia" è la rivisitazione di antichissimi racconti mitici ittiti e babilonesi(il padre di Esiodo era originario di Cuma, in Asia Minore, in seguito si era stabilito ad Ascra in Beozia: è presumibile che la conoscenza dei miti mesopotamici derivi a Esiodo dal padre). In papiri egiziani risalenti al 1800 a.C. sono stati rintracciati dei racconti che hanno le caratteristiche dei nostri racconti popolari: segno che in quel periodo alla corte dei faraoni erano apprezzati questi racconti. I grandi imperi sorgono, crescono e muoiono, ma i racconti popolari che si sono tramandati oralmente le popolazioni che sono vissute ai margini, nelle compagne, sui monti, sono sempre sopravvissuti, anche se hanno sibito delle modificazioni. E' il caso della Roma imperiale: un immane stuolo di persone provenienti dalle campagne e da altri paesi dell'impero si riversò sulla capitale dell'impero. Si formarono ghetti con popolazione che viveva ai margini, in cui le tradizioni portati dalle campagne o da altri paesi si perpetuarono col tramandamento orale. Testimonianza della cultura subalterna che circolava nella Roma imperiale è nel Satyricon di Petronio. Quest'opera latina è abbastanza originale per quel tempo in quanto vi è descritta la prosaica vita quotidiana a Roma e dintorni di persone non abbienti, diseredati e oziosi, e di liberti che si davano da fare. E' proprio un liberto, Nicerote, che narra come fosse accaduta realmente, una storia in cui un soldato si era trasformato in lupo mannaro. Petronio più o meno consapevolmente fa introdurre questo racconto a un liberto, cioè uno schiavo affrancato proveniente chissà da quale regione. Notevole il fatto che il personaggio che si trasforma in lupo mannaro sia un soldato: quasi sicuramente molti racconti e credenze loro connesse si erano diffusi tra il popolo grazie ai soldati che con le legioni avevavo vagato per mezzo mondo e grazie agli schiavi e quindi ai liberti provenienti dalle più disparate regioni dell'impero. In un contesto subalterno e provinciale, in Tessaglia, il poeta latino Apuleio(nato ad Algeri il 125 circa d.C.)ambientò il poema "L'asino d'oro", poema famoso perchè vi si trovano innumerevoli digressioni di racconti favolistici. Molte pagine dell'Antico Testamento hanno tratti in comune coi racconti popolari, e così pure le notizie sulla nascita e i primissimi anni di Gesù.
5)In diverse branche della psicologia, specie in quelle derivanti dalla psicologia analitica di Jung, alla cui base ci sono gli archetipi, sorte di strutture innate, come fossero ereditarie, che animano o costituiscono l'inconscio collettivo, una sorta di calderone che qualche volta esplode: i principali motivi mitologici d'ogni tempo e d'ogni razza sono probabilmente gli archetipi. E sono pure presenti nei sogni. Gli archetipi integrandosi con la coscienza, vengono rielaborati continuamente dalle società umane,si rafforzano, si indeboliscono e possono anche morire. L'indebolirsi degli archetipi nell'epoca moderna ha reso, per Jung, possibile e utile la psicologia. Insomma la fonte degli archetipi è la mitologia, sono le fiabe. Ed è utile per mezzo di loro riallacciare un contatto con gli archetipi. Ma probabilmente non esistono, secondo lo scrivente, gli archetipi. Queste strutture che evochiamo non sono archetipi, ma lo stesso linguaggio; quest'ultimo è ancorato, spesso, a usi e costumi che non sono nostri, ma a culture che avevano altri addentellati con i mezzi di produzione e una diversa scala di valori, oltre che una diversa struttura sociale. In questo sito c'è un mio tentativo di ricerca dell'origine della credenza del gatto nero che porta sfortuna, credenza che probabilmente risale a culture che hanno preceduto e influenzato in qualche maniera la nostra.
Ma non mi dilungo a enumerare le discipline scientifiche per cui la fiaba e il racconto popolare sono oggetto di studio.
Penso che in qualche parte sperduta della terra gruppi umani ancora si tramandano miti, tradizioni e fiabe oralmente. Mentre nella nostra cultura occidentale è sorto negli ultimissimi anni un genere letterario, quello del racconto fantastico, cito l'opera monumentale di J.R.R.Tolkien e i racconti di Henry Potter, che a piene mani ha ripreso temi e motivi, direttamente o indirettamente(attraverso la saga dei Nibelunghi, il ciclo carolingio di re Artù, i miti classici greco-romani, le saghe nordiche e celtiche ecc.) dai racconti popolari. E nel contempo è diminuita la diffusione dei racconti fantascientifici, quei racconti che esaltano la scienza umana ritenendola in grado di superare le difficoltà che potrebbe incontrare l'uomo in un più o meno prossimo futuro. E' l'insicurezza e il senso di provvisorietà dell'epoca odierna che induce a cercare nel mondo della fiaba e del racconto popolare valori quali la saggezza, l'esperienza, la sagacia, il lavoro come espressione di vita, ma anche l'arguzia e l'allegria contenuta, propri del mondo rurale, del mondo legato alla terra. Dal mondo che ha dato gran corpo ai racconti popolari: si consideri quanto favorirono il diffondersi dell'uomo sulla terra le arti o conoscenze operative della coltivazione della terra e dell'allevamento degli animali domestici. E non solo dai popoli coltivatori, sedentari e grandi guerrieri per conquistare e difendere la terra, ma soprattutto da coloro che li precedettero . Quei popoli che avevano pure una grande considerazione per la terra perchè, come raccoglitori, si nutrivano con i frutti e le erbe selvaggie. Quei popoli che conobbero spesso la carestia, che consideravano mangiare carne come un desinare divino, quei popoli che sicuramente non avevano l'arco, ma che avevano sviluppato con efficacia le comunicazione interpersonali , che comunicavano con relativa facilità tra di loro, che avevano sviluppato la parola o comunque qualcosa di vicino che permetteva loro di raccontare con gesti e un linguaggio primitivo le loro esperienze di caccia, l'incontro o lo scontro con simili di altre popolazioni.
Ogni popolazione, ogni cultura ha i suoi miti e le fiabe popolari possono ritenersi risalenti alla versione dei miti che molte popolazioni riservavano ai non iniziati alla tribù, cioè essenzialmente ai bambini e alle donne, versioni che avevano un "tremendum", un "misterico" che si svelava nel "rito". Questi miti, questi riti costituivano la risposta che le varie culture hanno dato alle stringenti contingenze storico-spaziali e avevano il fine di armonizzare, definire i ruoli dei componenti della tribù, le parentele, il rapporto con le divinità e gli antenati. Costituivano l'essenziale di quelle società, la vittoria della cultura sulla natura.
Per finire, un consiglio ai lettori.A coloro che volessero interessarsi, per esempio per una tesi, di fiabe, di miti, consiglio vivamente di farlo seguendo gli etno-antropologhi che studiano ogni fatto culturale inquadrandolo in un preciso quadro storico-socio-economico, cioè nel loro aspetto sincronico. Poi partendo da questo delineato quadro storico-socio-economico si può anche risalire alla complessità diacronica dei fatti culturali, cioè se sono concatenati a 1)fasi precedenti della stessa cultura: per esempio questo è potuto accadere quando popoli nomadi o seminomadi divennero stanziali; a 2)o se invece risalgono alle culture soppiantate da quelle vincenti: due popolazioni che si incontrano e/o si scontrano, quasi sempre finiscono per confondersi e amalgamarsi, ma a volte è successo che popolazioni siano state sterminate da popolazioni più forti, in quest'ultimo caso, se nemmeno le donne sono state salvate, la cultura della popolazione distrutta si estingue completamente. Solo dopo si può fare un confronto tra fatti culturali simili di società diverse anche se limitrofe nel tentativo di delineare le concause che hanno generato le somiglianze e nel contempo le differenze.


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