GIUSEPPE PITRE': IL PURITANO SCANDALOSO


Giuseppe Pitrè

La prima edizione delle Fiabe  ebbe subito dei riconoscimenti internazionali, ma fu accolta inizialmente dal disprezzo e dallo scandalo di letterati e uomini rispettabili locali.

Giuseppe Pitrè fu formidabile nel raccogliere e catalogare gli ultimi bagliori del mondo popolare siciliano e non solo siciliano. Prima che radio e televisione pareggiassero o quasi le differenze culturali. Come hanno ben notato gli studiosi di etnoantropologia Giuseppe Pitrèsi accostò a quel mondo che non era il suo con sguardo di antropologo e quasi con rispetto di figliolo. La Sicilia, la sua storia, il popolo e i contadini  siciliani, i loro usi e costumi, i canti, i racconti, i proverbi, le feste e quant'altro proveniva da quel mondo fu messo sotto osservazione, ne furono tratti le corrispondenze e quindi le somiglianze o le evidenti differenze con tradizioni di altri luoghi. E tutta la ricerca fu eseguita da Giuseppe Pitrè e dai suoi collaboratori secondo i canoni degli studi demologici, cioè traendoli dalla viva realtà, dalla viva voce dei popolani e dei contadini analfabeti. Ma ci fu un limite nella selezione delle varie tradizioni. Furono scartate quelle sconce, quelle sguaiate, quelle erotiche che pur erano un filone importante e fiorente nel panorama di tutte le tradizioni. Giuseppe Pitrè e tanti altri studiosi di tradizioni popolari italiani ebbero ripulsione a riportarle, come se la loro considerazione potesse nuocere a tutta l'impalcatura delle tradizioni popolari stesse, suonasse cioè come mancanza di rispetto verso la"patria" Sicilia o la "patria"di ogni singola regione. Ci sono ancora nel cuore di Giuseppe Pitrè idee romantiche nei confronti delle tradizioni popolari, mentre nel  pensiero suo più lucido vi è una concezione evoluzionistica delle culture, nel senso che primitivo si contrappone a moderno come popolare a colto.   
Questo atteggiamento nei confronti delle tradizioni popolari viene dall'Europa e innanzitutto dai F.lli Grimm per i quali le fiabe erano "miti decaduti" provenienti dall'India preistorica degli Arii.

Questi due studiosi tedeschi intravidero nei racconti popolari "i frantumi di una antica religione della razza, custodita dai volghi, da far risorgere nel giorno glorioso in cui, cacciato Napoleone, si risvegliasse la coscienza germanica"(I. Calvino, Fiabe italiane, p.x). Con queste premesse era arduo raccogliere e pubblicare collezioni di raccolte di tradizione erotiche. Ne sperimentò qualcosa il tedesco Federico Salamone Krauss, direttore di Anthropophyteia, rivista di tradizioni erotiche, che venne denunciato e tradotto avanti il Tribunale di Berlino(Raffaele Corso, Estratto dalla rivista di Antropologia, vol.XIX,Fasc.I-II).
E' indubbio che Giuseppe Pitrè e il suo illustre collega Salvatore Salomone Marino raccolsero anche queste tradizioni, ma solo recentemente sono stati pubblicati gli indovinelli sconci del primo e i racconti faceti del secondo. 
In effetti le fiabe e i racconti popolari hanno interessato tutte le persone di tutte le età e di tutte le classi o ceti sociali, rozze, raffinate, colte e incolte. I racconti popolari, da millenni, circolano per le varie culture e sottoculture e qualche volta hanno trovato dei grandi interpreti-narratori. 
Quando ciò è successo, cioè quando  un racconto viene ottimamente performato esso entra a far parte viva di quel racconto-tipo come variante, e da variante condiziona in qualche modo per l'appresso tutti gli altri interpreti-narratori del racconto-tipo. La storiella, la trama del racconto continua a vivere e a trasformarsi anche se negli ultimi secoli è stata quasi cristallizzata dall'avvento della scrittura. Per nondimeno autori letterari che avevano ripreso le fiabe, prima dei fratelli Grimm, mai e poi mai le avevano raccontate come se fossero destinate soltanto ai piccoli. Giovanbattista Basile e Charles Perrault non si rivolgevano solo ai piccoli, ma anche ai grandi.
Giuseppe Pitrè pare a volte consideri i racconti popolari come narrativa per bambini come era usuale nelle classi colte(Aurora Milillo, prefazione a Fiabe Novelle e Racconti popolari siciliani di Giuseppe Pitrè). C'è appunto il precedente delle "Fiabe del focolare" dei F.lli Grimm, un libro di narrativa per ragazzi scolarizzati. Giuseppe Pitrè nella scelta-filtro dei racconti si fa guidare dal "senso comune". Scarta le sconce, ma non disdegna quelle che presentano i costumi del popolo e dei contadini in maniera paludata. Ha repulsione per la sconcezza sguaiata, ma non può fare a meno di presentare dei racconti che alludono blandamente, come apprezza l'ironia, l'arguzia e l'intelligenza dei popolani. Ma sempre racconti di villani sono quelli che va raccogliendo, di gente che vive ai margini, oppressa dai bisogni e che se riesce a sopravvivere lo deve a un  profondo attaccamento alla vita. 
Dunque cosa successe? La prima edizione delle Fiabe  ebbe subito dei riconoscimenti internazionali, ma fu accolta inizialmente dal disprezzo e dallo scandalo di letterati e uomini rispettabili locali(Aurora Milillo, ibidem). 
"Il dottor Pitrè ha pubblicato quattro volumi di porcherie" scrisse allora la Gazzetta di Palermo.
Lo rammentava lo stesso Pitrè in una lettera del 1914, dove parlava anche dell'indignazione di clienti rispettabili che gli chiedevano come si fosse persuaso a pubblicare ..quelle storie..dal momento che gli erano affidate in cura le loro figlie(Raffaele Corso, Reviviscenze. Studi di tradizioni popolari italiane, p.4).

La foresta incantata, immagine da computergrafica di Daniele La Grassa


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"I fratelli Grimm "

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"Le fiabe, i racconti popolari come testimonianza del rapporto natura-cultura nella storia"


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