Lo cunto de li cunti, di Giambattista Basile. Tipi, motivi dei cunti e considerazioni IV giornata.

Tipi e motivi dei cunti in accordo con Aarne e Thompson: "The types of the folk-tale" Helsinki, 1928, e in accordo con Stith Thompson:"Motif-index of folk-literature" Helsinki 1932.Da Norman Mosley Penzer, The Pentamerone of Giambattista Basile Londra 1932 con traduzione e qualche aggiunta di Salvatore La Grassa(SLG)

Online Il cunto de li cunti in dialetto napoletano a cura di Michel Rak(su letteraturaitaliana.net

Online la prefazione all'opera di Benedetto Croce e i cunti di I e II giornata con testo in dialetto conforme alla stampa del 1634

I cunti delle giornate III, IV e V con testo in dialetto conforme alla stampa del 1634


La superbia punita(IV giornata, 10° cunto)


Tipi:
900. Re Barba di tordo.

Motivi:
H151.4. Riconoscimento completo e affermato di beni rubati.
H465. Prova della sopportazione della moglie.
K1816. Travestimento da serva(nel cunto del Basile non è volontaria, ma opera del giardiniere-re).
T76. Una principessa convoca i suoi pretendenti e li reputa spiacevoli.
T455.3. L'eroe conquista i favori della principessa con bellissimi vestiti.


Considerazioni

In questa fiaba o meglio nel tipo 900(Re barba di tordo)il Thompson sembra ravvisare la storia che ispirò "La bisbetica domata" di Shakespeare. Egli trova(La fiaba nella tradizione popolare, Milano 1967, p.157ss.) che la fiaba si sia sviluppata nel medioevo e probabilmente in Italia. Fra i novellieri letterati la trova in un poema tedesco del 1260 circa(Diu halbe bir di Konrad von Wurzburg) e poi nella Clarussaga irlandese del 1330. Secondo Kaarl Krohn, che ha preso in considerazione molte varianti o versioni, ricorda il Thompson, la patria di questo intreccio è l'Italia. E molto probabilmente ciò risponde a verità, soprattutto se mettiamo in contro luce il personaggio maschile, il re di Belpaese. Nella versione del Basile, dai toni piuttosto letterari che popolari, il personaggio maschile sembra un perfetto, senza alcun difetto, ma anche un diabolico che fa pesare la sua forza mettendo in ridicolo una donna diventata molto debole, quasi succube, perché le ha ceduto come quasi fosse stata comperata( vedi la relazione del diabolico e del ricchissimo tipica di un demone catactonio). Egli tratta male la futura sposa solo per vendetta benefica, a suo dire, ma è sempre attento a consolarla a dirle una parola buona. Invece in altre versioni del cunto di carattere popolare, attinte alla fonte popolare, il personaggio maschile ha un difetto. Il particolare è stato notato da Italo Calvino che nelle note a "La Reginotta Smorfiosa", fiaba n. 175 della sua raccolta, libera traduzione de "La Regginotta Sghinfignusa" del Pitrè(Fiabe novelle e racconti popolari siciliani, CV) dice:
" Nel secolo XVI la raccontò (quasi tal quale, col chicco di melograno e tutto) Luigi Alamanni nella novella di Bianca di Tolosa e del Conte di Barcellona, in uno stile improntato a solennità e precisione di storico. Ma è una delle più antiche novelle romantiche di cui si abbia traccia e gli studiosi pare ne trovino l'origine nel Medioevo italiano. Nel secolo XVII, c'è una novella del Basile (IV, 10) molto simile tranne che per il chicco di melograno. Altre versioni popolari europee più che all'avarizia fanno attribuire l'obiezione della principessa a qualche particolare fisico, connesso spesso con la barba, (il pelo torto in barba)". Infatti nella siciliana sopra citata la principessa rifiuta il bellissimo figlio del re di Granato perchè ha raccolto da terra un chicco di melagrana. Per una corretta interpretazione è meglio guardare al "pelo torto in barba", presente anche nella fiaba 52 dei Fratelli Grimm, nella n.15 della Coronedi-Berti(Fiabe popolari bolognesi)e nella numero 22 del Nerucci(Sessanta novelle popolari montalesi, Il Magnano o Pelo Torto in Barba), oppure affidarsi al chicco di melagrana.
Riflettendo sui travestimenti del principe, sull'uso convincente della sua parola, sul suo comportamento ambiguo(per un verso colpisce e per un verso consola), sull'espressione che usa proprio il Basile, cioè "quel dare il pane a balestra"(che equivale a dare qualcosa di ingannevole, che può trarre in inganno, come fà il cacciatore per mezzo del verso del tordo catturato o quando imita il verso del tordo), ovviamente dal nome che ha il principe in altre versioni, cioè Re barba-di-tordo, ed infine dal fatto che la principessa è indotta a rubare dallo stesso re-giardiniere, si possono restringere gli ambiti in cui ricercare l'origine di questo personaggio. Tutti questi indizi mi hanno indotto a vedere nel protagonista maschile una parodia di un dio bifronte con tratti del romano Giano e del greco-romano Hermes. Giano, che veniva rappresentato bifronte, era il dio che controllava l'inizio e la fine di ogni cosa, il dio che controllava ciò che stava al di quà e ciò che stava al di là delle porte, era definito:
Divum Deus (Dio degli Dei)
Divum Pater (Padre degli Dei)
Ianus Bifrons (Giano bifronte)
Ianus Cerus (Giano creatore)
Ianus Consivius (Giano procreatore)
Ianus Pater (Giano padre)
Pater matutinae (Padre del mattino)
e doveva probabilmente avere una forte connessione con l'agricoltura se nel mito è lui ad accogliere il dio dell'agricoltura Saturno, spodestato dal figlio Giove, condividendo con lui la regalità e consentendogli di portare l'età dell'oro. Per l'ospitalità ricevuta, Giano ricevette dal dio Saturno il dono di vedere sia il passato che il futuro, all'origine della sua rappresentazione bifronte. Probabilmente questo carattere bifronte, bilaterale di Giano fu confuso dagli antichi col carattere ambiguo di Hermes-Mercurio, soprattutto per essere stato un ladro da giovane e per essere stato reso da Giove, il suo messaggero e il dio garante della legalità. Probabilmente le persone del popolo delle città hanno messo sullo stesso piano o quasi le cavillosità di un certo procedere dell'agricoltura, molto attenta(come vediamo nell'opera di Columella) a una coltivazione dipendente dalle fasi lunari, e la cavillosità delle leggi di cui era garante Mercurio. Probabilmente in un racconto originario la principessa vedeva nel pretendente una persona che si è arricchita con l'inganno, col furto con destrezza, che fa una cosa e cento ne pensa. Mi pare appropriato il termine in siciliano "liziunarii" usato nel racconto siciliano(La Regginotta Sghinfignusa), per indicare questo tipo di persone che agiscono con secondi fini.
E' pure possibibile congetturare che re e giardiniere siano riconducibili alle figure mitologiche di Ades e del suo giardiniere Ascalafo(cui non sfuggì che la figlia di Demetra avvese ingerito qualche chicco di melagrano), intese come una stessa persona, e che Cinziella, o la reginotta sghinfignusa, sia una Persefone rivisitata. In questo caso il chicco di melagrano raccolto da terra dal principe di Granato, presente nel racconto siciliano, risulta un espediente, un congegno che si è rivoltato contro la stessa persona che lo aveva attuato: allora, nel mito di Persefone, l'aver dato importanza all'ingerimento di qualche chicco di melagrano fu ritenuto probante in un certo senso e Persefone fu costretta a ritornare nel regno dei morti; nel racconto popolare siciliano, invece, la grande considerazione per un chicco di melagrano fa ritornare indietro, ovvero a casa, il pretendente di una principessa. Si noti che le principesse nei racconti popolari sono sempre accompagnate da damigelle e/o serve, più o meno come Persefone quando giocava per prati.
Dopo aver delineato queste possibili origini del racconto mi sembra il caso di aggiungere che la versione siciliana conserva molto di più la diacronia, il racconto originario, mentre in quella basiliana c'è la voce del Giovenale di Napoli, dello sferzatore di costumi. Nella versione siciliana emerge la paura della donna di sposare un uomo artificioso e cavilloso, un Ascalafo attento a tutte le piccolezze. Mentre nel cunto del Basile è dato peso all'essenza effimera dell'opinione umana, però con tono ironico relativamente ai piccoli furti con destrezza di Cinziella. Quindi nel Basile il cunto vuole consigliare di non ergersi a giudici, di non prendere decisioni seguendo le apparenze, di non vedere il male dove non c'è, di non guardare la pagliuzza negli occhi del prossimo, mentre non ci si accorge della trave che sta nei propri occhi. Nel racconto siciliano c'è lo stesso monito, ma l'avvertimento si estrinseca nei fatti, nella trama. La principessa smorfiosa prima giudica e poi è giudicata. Sia nel cunto del Basile, sia nel racconto siciliano c'è l'episodio del rapporto sessuale notturno e furtivo, mentre nelle versioni del Nerucci e dei Grimm l'episodio manca. Il Basile delinea molto bene la figura del re-giardiniere, ma non da un movente preciso a Cinziella, che perciò è solo donna procreatrice. Mentre nella siciliana la principessa mostra più carattere.
Per quanto riguarda la figura del giardiniere c'è un antichissimo racconto sumero in cui un giardiniere, Shukallituda, molto bravo nella sua arte, si congiunge di notte con la dea Inanna, quando questa, stanca, si era andata a riposare e si era assopita all'ombra degli alberi piantati dallo stesso giardiniere. Quindi la storia del giardiniere che mette incinta o prepara la principessa alla procreazione è un motivo piuttosto antico e prevedibile che allude alle pratiche agrarie. Inanna era anche la dea della generazione e della fertilità e in seguito a questa violenza si vendica facendo diventari rossi i fiumi: cioè dando la fertilità alla terra. Nel cunto in questione la storia si ripete. Sia nel mito sumero, sia nei due racconti nostrani la donna rimane santa perchè dormiente non partecipa all'approccio sessuale. E in effetti ha poco importanza, è secondario il sistema adottato dal giardiniere per entrare nella camera della principessa; è invece considerevole che, solo alla terza notte e dopo un susseguirsi di avvicinamenti alla camera nuziale, avvenga il fatto procreativo, come fosse un procedimento che ha connessione con le pratiche agrarie: mi riferisco principalmente al maggese tre volte arato.


I cunti della quarta giornata



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