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Di recente Renzo Arbore ha sottolineato come tante canzoni napoletane possono essere considerate dei pezzi d'opera. E infatti tanti cantanti lirici hanno interpretato tantissime canzoni napoletane. In effetti se si esamina il pentagramma di tantissime canzoni napoletane, le canzoni napoletane classiche d'amore o le serenate, viene fuori che sono state scritte per voci impostate liricamente. La nota del "Fa" acuto è quasi una costante a partire da Santa Lucia di Couttrau, alla quasi anonima "Te voglio bene assaie" ed inoltre molto spesso l'estensione della canzone supera i 16, 18 semitoni. Quando la canzone napoletana nacque, non esistevano gli amplificatori, gli spettacoli all'aperto e le seranate difficilmente potevano essere cantate da voci esili. Quindi era necessario scrivere delle canzoni per voci, diciamo così, ricche. Certo nei salotti delle case poteva anche cantare una voce fine, anzi era meglio che cantasse una voce sottile. Le note acute, del resto, sono una prerogativa dei canti popolari dei volgari italiani. La rivoluzione del canto avvenne gradatamente dal 1920 in poi con l'applicazione dell'altoparlante e dell'amplificazione dei suoni. Da allora vennero apprezzati molto di più quelle voci che porgevano la canzone con molta grazia e che ora riuscivano a farsi sentire grazie agli amplificatori. Renzo Arbore ha voluto sottolineare che molto probabilmente a Napoli, questo passaggio, si è quasi dimenticato e vengono apprezzate meno le versioni delle canzoni cantate da cantanti lirici. In questa pagina le canzoni che hanno bisogno di un interprete dalla voce impostata sono "Lo cardillo", "Chiove", "Addio mia bella Napoli" e "Canzona marenaresca". "Lo cardillo" è una canzone popolare risalente al 1600. Da notare che l'uso di affidare il messaggio d'amore a un uccellino è tipico del mondo popolare. In un cunto di Giambattista Basile, La palomma(II giornata,7°cunto) del Pentamerone, la protagonista femminile, Filadoro, figlia della maga e maga anche lei, affida magicamente a una palomba il compito di ricordare la promessa d'amore al principe che l'aveva dimenticata. Particolare intensità di sentimenti nella canzone "Indifferentemente". Il titolo è praticamente un "ossimoro", una figura retorica che indica il contrario di ciò che si proclama. Un partner s'aspetta che la persona amata lo respingerà e vive spasmodicamente quest'attesa.