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News Ospedale Humanitas di Rozzano(Milano)

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Ricerca contro il cancro: tornano i Cioccolatini di AIRC
Data articolo:Tue, 04 Nov 2025 14:40:39 +0000

A novembre 2025 tornano I giorni della Ricerca, l’appuntamento con la sensibilizzazione sul cancro che ogni anno mantiene accesi i riflettori su una malattia che presenta dati di incidenza ancora estremamente alti. Dalle televisioni pubbliche, agli stadi, alle scuole superiori, Fondazione AIRC (Associazione Italiana per la Ricerca sul Cancro), in occasione dei 60 anni dalla sua fondazione, coinvolgerà i cittadini in un ricco programma di informazione sui progressi della Ricerca sulle patologie oncologiche. Nonostante, infatti, le probabilità di guarigione siano oggi notevolmente aumentate, in Italia solo nell’ultimo anno sono state effettuate oltre 390.000 nuove diagnosi, oltre 1000 al giorno.

I volontari AIRC saranno nelle piazze e nelle scuole sabato 8 novembre 2025 con circa 2400 punti di distribuzione dei Cioccolatini della Ricerca. I cioccolatini saranno disponibili anche dal 10 novembre nelle filiali di Banco BPM o ordinabili online per tutto il mese su amazon.it, per riceverli direttamente a casa. In Humanitas sarà presente un banchetto dedicato nelle giornate di giovedì 6 e venerdì 7 novembre.

A fronte di una donazione minima di 15 euro, si potrà ritirare la propria confezione di Cioccolatini della Ricerca da 200 grammi firmata Venchi e la Guida informativa sui traguardi raggiunti da AIRC in sessant’anni di impegno nella Ricerca oncologica. Ma perché proprio i cioccolatini sono stati scelti come ambasciatori di questo importante messaggio? Perché, se assunto in quantità limitate, il cioccolato fondente è un alleato della salute, a causa del suo contenuto di flavonoidi, sostanze della famiglia dei polifenoli ricche di proprietà antiossidanti e antinfiammatorie.

I Giorni della Ricerca continuano fino al 16 novembre: un’occasione per approfondire i risultati della Ricerca sul cancro AIRC 2024, i progetti in corso e i nuovi traguardi da raggiungere in termini di diagnosi, prevenzione e trattamenti.

Si possono trovare notizie e informazioni approfondite sul sito airc.it, con i dettagli per chi volesse sostenere tramite un’ulteriore donazione il lavoro dei ricercatori AIRC.

AIRC si unisce inoltre per tutto il mese a Movember, un movimento globale volto alla promozione dell’importanza di avere abitudini sane per la salute degli uomini. AIRC contribuisce a Movember con la campagna digital “Sinonimi & Controlli”, per sensibilizzare sulla prevenzione dei tumori maschili attraverso i controlli consigliati e per raccogliere fondi per la Ricerca. Nel 2024, infatti, sono stati diagnosticati circa 214.000 nuovi casi di tumori tra gli uomini.

Ricerca sul cancro: perché è fondamentale

Nonostante i dati di incidenza siano ancora elevati, gli italiani che hanno superato una diagnosi di tumore e raggiunto la completa guarigione sono oggi aumentati del 50% circa. L’informazione e la sensibilizzazione su questa patologia, garantita anche da giornate come quelle promosse da AIRC, è fondamentale per mettere al corrente i cittadini su fattori di rischio e campanelli d’allarme. 

La prevenzione, la diagnosi precoce e le nuove terapie sono strumenti di grande importanza per contrastare lo sviluppo del cancro. L’aggiornamento della popolazione su queste tematiche, unita al lavoro di specialisti e ricercatori, contribuisce a individuare e trattare efficacemente e in modo meno invasivo un tumore quando si trova ancora nelle fasi iniziali.

Regalando o scegliendo per sé i Cioccolatini della Ricerca si può aiutare concretamente AIRC a sostenere il lavoro di circa 5400 ricercatori in 96 istituzioni in tutto il Paese, con un pizzico di dolcezza. Per ulteriori informazioni, consulta il sito della campagna di AIRC.


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A cura di mmaestri
Humanitas Channel: la piattaforma di streaming che raccoglie voci ed esperienze del mondo Humanitas
Data articolo:Mon, 03 Nov 2025 11:11:16 +0000

Un nuovo spazio digitale per condividere storie, innovazione e ricerca: è online Humanitas Channel, la piattaforma video del Gruppo Humanitas che raccoglie voci, esperienze e approfondimenti dal mondo della cura.

Pensato come un luogo di racconto e incontro, Humanitas Channel nasce per valorizzare i progetti e le persone che ogni giorno contribuiscono a costruire eccellenza in ambito clinico, scientifico e umano.

Dalle testimonianze dei pazienti alle interviste con i nostri specialisti, dai video dedicati alla prevenzione ai dietro le quinte dei grandi eventi, il canale propone un viaggio dentro le storie di chi vive la sanità con passione, competenza e dedizione.

All’interno della piattaforma trovano spazio format diversi: brevi reportage, videointerviste, podcast e rubriche tematiche che raccontano la medicina, la ricerca e l’innovazione in modo semplice e accessibile, con un linguaggio vicino alle persone.

Con Humanitas Channel, il racconto della salute si apre a nuove forme di comunicazione, capaci di connettere professionisti, studenti, pazienti e cittadini attraverso immagini, voci e volti.

Un modo per far conoscere più da vicino l’impegno quotidiano di chi lavora in Humanitas e per diffondere una cultura della salute fondata sulla conoscenza, sulla condivisione e sulla fiducia.

Mettetevi comodi:


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A cura di mmaestri
Obesità: in Italia una legge la riconosce come malattia
Data articolo:Tue, 21 Oct 2025 15:11:33 +0000

Da molti anni l’obesità è considerata dal mondo scientifico una malattia complessa e multifattoriale che comporta un accumulo eccessivo di tessuto adiposo alterato per struttura e funzione, che influisce negativamente sulla salute generale aumentando il rischio di altre gravi patologie (come le malattie cardiovascolari, il diabete di tipo 2 e alcune neoplasie) e che riduce la qualità e l’aspettativa di vita. 

Dal 1 ottobre, con l’approvazione definitiva del Senato, l’Italia è il primo Paese al mondo a riconoscere l’obesità come malattia con una specifica legge e ad adottare una cornice normativa completa, che include prevenzione, cura e sensibilizzazione sociale. Per legge, le persone con obesità – riconosciuta ufficialmente come malattia progressiva e recidivante – potranno in futuro usufruire delle prestazioni contenute nei livelli essenziali di assistenza (LEA) erogati dal Servizio sanitario nazionale, al fine di assicurare l’equità e l’accesso alle cure.

Come sottolinea il professor Roberto Vettor, direttore scientifico del Centro Malattie del Metabolismo e della Nutrizione dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas Rozzano: l’obesità non è una semplice conseguenza di scelte personali indulgenti verso un’eccessiva alimentazione, ma una patologia che coinvolge fattori genetici, ambientali, neuroendocrini e squilibri complessi nella regolazione dell’appetito e del peso corporeo. 

L’approvazione di questa legge è un passo che unisce prevenzione, cura, sensibilizzazione sociale e sostegno istituzionale, tracciando la strada per le future politiche sanitarie europee e globali.

Lo stigma sociale verso l’obesità

L’obesità è stata definita dalla World Obesity Federation come una malattia cronica, progressiva e recidivante; risponde ai criteri per definire una malattia clinica perché ne è stata suggerita un’eziologia, presenta segni e sintomi che la connotano e una serie di alterazioni strutturali e funzionali che producono delle conseguenze patologiche.

É verosimile che lo stigma verso questa malattia sia stata la causa primaria del ritardo del suo riconoscimento come malattia. Infatti, le persone con obesità sono spesso bersaglio di stereotipi che le ritraggono come pigre, golose o prive di forza di volontà. Lo stigma porta a discriminazioni in vari ambiti, come scuola, lavoro e relazioni e può anche manifestarsi in ambiente sanitario. È fondamentale avviare tra i medici e nell’opinione pubblica un cambiamento culturale e un approccio medico con competenze specifiche e che sia più inclusivo e consapevole, che riconosca l’obesità come malattia e combatta lo stigma, ma soprattutto l’ignoranza e la disinformazione. 



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A cura di mmaestri
Skincare: come aver cura della pelle a tutte le età
Data articolo:Mon, 20 Oct 2025 12:46:13 +0000

Skincare è un termine che oggi è di uso comune e indica la cura della pelle per evitare l’insorgenza di disturbi cutanei e per mantenere un aspetto della pelle sano. Tuttavia, sebbene sia sempre più utilizzata anche da persone molto giovani, la skincare va eseguita correttamente utilizzando i prodotti adatti al proprio tipo di pelle per evitare effetti indesiderati.

Ne parliamo con la dottoressa Alessandra Narcisi, dermatologa presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

Skincare: i passaggi fondamentali a tutte le età

È importante scegliere una skincare adeguata, magari con l’aiuto del farmacista o dello specialista dermatologo, anche in assenza di patologie cutanee. Oggi, infatti, si parla spesso di skincare e questa viene seguita anche da persone molto giovani, magari preadolescenti, che utilizzano prodotti inappropriati. Una skincare inadeguata alla propria età, però, può rendere la pelle meno sana e favorire l’insorgenza di allergie o acne.

I passaggi fondamentali per prendersi cura della propria pelle sono la corretta detersione mattino e sera e l’idratazione della cute: in entrambi i casi è importante scegliere sempre prodotti adatti al proprio tipo di pelle. In alcuni casi si possono utilizzare anche sostanze per eseguire scrub o peeling casalinghi, per esempio in presenza di invecchiamento cutaneo o acne, perché aiutano a eliminare l’ipercheratinizzazione della pelle.

Perché non bisogna andare a letto con il viso truccato?

Per la salute della pelle del viso è molto importante struccarsi prima di andare a dormire. Il trucco lasciato per diverse ore a contatto della pelle e soprattutto se in maniera ripetuta, infatti, può associarsi allo sviluppo di dermatiti irritative o dermatiti allergiche da contatto. Inoltre, il trucco occlude i pori della pelle, provocando l’insorgenza di acne e favorendo l’invecchiamento cutaneo.

Quando si possono iniziare a usare i prodotti anti-age?

Come abbiamo detto, è comune che persone adolescenti o ventenni utilizzino creme eccessivamente idratanti, ricche di sostanze specifiche per un’età più avanzata, con l’intento di prevenire la comparsa di rughe. In realtà utilizzare creme sbagliate per la propria età può indurre la comparsa di dermatite allergica o acne.

Dopo i 40 anni, la pelle tende a perdere lipidi e sostanze nutritive, collagene, elastina, acido ialuronico, e quindi vengono consigliati prodotti in grado di intervenire su questa condizione cutanea. È dunque sempre importante utilizzare prodotti specifici per la propria fascia d’età e, in presenza di dubbi, fare riferimento allo specialista dermatologo.

Si può prevenire l’invecchiamento della pelle?

L’invecchiamento cutaneo è riconducibile in gran parte alla genetica e alla predisposizione individuale. Alcune tipologie di pelle tendono a invecchiare più velocemente di altre. Per esempio, una pelle grassa presenta in genere rughe in un’età più avanzata, mentre chi ha la pelle secca tende a sviluppare le prima rughe nelle aree più esposte, come intorno agli occhi, sulla fronte e sulle guance. Per questo in base al tipo di pelle si tende a eseguire un’idratazione differente.

Per contenere l’insorgenza di rughe è inoltre consigliato evitare di esporsi al sole, prestando particolare attenzione alla pelle del viso. Si consiglia infatti di proteggere le aree più fotoesposte, come viso, collo e décolleté, con una crema solare con fattore di protezione +50, anche nei mesi invernali. Durante l’estate l’esposizione ai raggi del sole deve essere sempre controllata, non solo utilizzando la crema solare ma anche evitando di esporsi al sole negli orari centrali della giornata ed evitando lampade e lettini abbronzanti. Anche fumo, alimentazione poco equilibrata e sedentarietà sono fattori di rischio per l’invecchiamento cutaneo. A una corretta skincare, quindi, bisogna sempre associare uno stile di vita sano.

La pelle risente dei cambiamenti ormonali?

La pelle risente anche dei cambiamenti ormonali a causa dei recettori presenti sulla cute. In età adolescenziale, per esempio, è comune sviluppare acne, brufoli, papule e pustole, cosa che non accade nell’infanzia, perché gli ormoni non influiscono sull’attività delle ghiandole sebacee.

Nella popolazione femminile, inoltre, durante la menopausa si assiste a un impoverimento dei tessuti e a un maggior invecchiamento cutaneo, associati a un aumento di ritenzione idrica e cellulite. In gravidanza, invece, la cute è maggiormente predisposta allo sviluppo di macchie provocate dal sole o da altre patologie cutanee.

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A cura di mmaestri
Humanitas premiato nell’ambito di VaccinAzione 2025
Data articolo:Wed, 15 Oct 2025 09:33:32 +0000

Regione Lombardia, durante l’incontro VaccinAzione di giovedì 2 ottobre, ha riconosciuto Humanitas – tra gli IRCCS privati – come la realtà con la più alta percentuale di professionisti vaccinati per la campagna 2024-2025.

Un numero che racconta quanti dei professionisti Humanitas hanno deciso di aderire alla campagna vaccinale antinfluenzale interna: medici, infermieri e personale sanitario, ma non solo, anche Staff, Servizio Clienti e Ricerca. Un primato che riempie di orgoglio.

Decidere di vaccinarsi non è solo una scelta consapevole, ma un ulteriore esempio di professionalità: un modo concreto per proteggere se stessi e, soprattutto, la salute dei pazienti più fragili che ogni giorno scelgono gli Ospedali e Centri medici Humanitas.

Un sentito ringraziamento anche a tutti coloro che supportano il flusso necessario per dar vita ogni anno alle campagne vaccinali dedicate alla nostra comunità. Questo successo ci motiva a guardare con entusiasmo alla prossima Campagna antinfluenzale, presto in arrivo.

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A cura di mmaestri
Pelle secca e pelle grassa: come riconoscerla e cosa fare
Data articolo:Mon, 13 Oct 2025 10:26:56 +0000

La pelle presenta fisiologicamente zone con diverse quantità di sebo, risultando più grassa o più secca a seconda delle aree. In alcuni casi, possono insorgere disturbi o patologie caratterizzati da un aumento di sebo, secchezza o arrossamenti. In presenza di pelle grassa, pelle secca o pelle arrossata può quindi a volte essere necessario consultare lo specialista dermatologo e mettere in atto alcune accortezze per risolvere il disturbo.

Ne parliamo con la dottoressa Alessandra Narcisi, dermatologa presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano. 

Cos’è la pelle grassa? 

La pelle grassa è caratterizzata da un aumento di produzione di sostanze oleose e grasse, che rendono la pelle più lucida alla vista. Interessa sia la popolazione maschile sia quella femminile e si sviluppa prevalentemente nella zona centrale del viso, anche chiamata “zona T”, ossia fronte, naso e mento. 

Spesso la pelle grassa si associa alla comparsa di dermatite seborroica, una patologia infiammatoria della pelle che comporta l’arrossamento dell’area interessata e una fine desquamazione e che si sviluppa soprattutto su area T del volto e la regione presternale, ma che può estendersi anche al cuoio capelluto. La dermatite seborroica tende a peggiorare nei mesi invernali, per lo stress o in presenza di infezioni di origine batterica o virale.

Come aver cura della pelle grassa? 

La pelle grassa va trattata con prodotti specifici. È fondamentale eseguire una buona detersione della cute al mattino e alla sera, utilizzando creme o detergenti non eccessivamente idratanti, né che impoveriscono il film idrolipidico, che possono provocare un aumento dell’infiammazione. Lo specialista può indicare l’utilizzo di creme astringenti, utili a regolare la produzione di sebo, e shampoo associati, in particolare nel periodo invernale, a lozioni a base di acido acetilsalicilico o altri prodotti a prescrizione dermatologica. 

Perché si ha la pelle secca? 

La pelle secca contiene una concentrazione inferiori di lipidi e altre sostanze presenti negli strati meno superficiali dell’epidermide, che servono a nutrire la cute. La causa della pelle secca può essere l’invecchiamento cutaneo, che provoca la diminuzione di alcune sostanze, ma anche abitudini sbagliate, come l’utilizzo di prodotti cosmetici non adatti alla propria pelle, detergenti troppo aggressivi, o una scarsa idratazione della cute. 

Anche patologie dermatologiche come la dermatite atopica possono associarsi alla pelle secca. In presenza della dermatite atopica, per esempio, l’aumento della secchezza della pelle dipende da un’alterazione della produzione delle molecole della barriera cutanea. In questo caso in genere lo specialista prescrive una terapia specifica per risolvere il disturbo. 

Cosa fare in caso di pelle secca? 

La pelle secca va idratata con prodotti specifici, come creme idratanti che restituiscono alla cute i lipidi e le altre sostanze che sono carenti rispetto alla norma. Non si devono invece utilizzare olii, perché tendono a rimanere sugli strati superficiali della cute dando un’errata impressione di idratazione ma contribuendo invece ad aumentare la disidratazione. In presenza di patologie come la dermatite atopica, lo specialista indica l’uso di prodotti privi di allergeni, associati a volte alla terapia farmacologica. 

Si può parlare di pelle mista? 

Il termine “pelle mista” particolarmente utilizzato in ambito cosmetico, non è in realtà corretto da un punto di vista medico. Si utilizza in genere per riferirsi a una pelle che non presenta aspetti patologici di eccesso di sebo o secchezza, ma che in alcune aree è più seborroica e in altre più secca. In genere le aree più grasse sono quelle della zona T, quindi come abbiamo detto fronte, dorso del naso e mento, mentre aree come guance e palpebre possono invece presentare secchezza cutanea, sia a causa di una cosmesi non adeguata, sia perché hanno naturalmente una quantità inferiore di ghiandole sebacee. 

Come si riconosce il proprio tipo di pelle? 

Spesso i pazienti al momento della visita dermatologica conoscono già le caratteristiche della propria pelle. Una persona con una pelle particolarmente grassa, quindi molto oleosa, o con una pelle secca tende infatti a individuare il disturbo già al domicilio. A creare confusione, possono invece essere manifestazioni come la desquamazione.

Un paziente con dermatite seborroica, caratteristica di una pelle grassa, per esempio, può presentare arrossamento e sottile desquamazione ai lati del naso, intorno alle labbra, intorno alle sopracciglia o sul cuoio capelluto, ma associare il sintomo alla pelle secca e non a un aumento di sebo. Questo errore può indurre a trattare l’area con creme o shampoo molto idratanti, rischiando così di peggiorare il disturbo. 

Quali sono le cause della pelle arrossata?

La pelle arrossata si associa a svariati fattori. Per esempio una causa comune è l’utilizzo di prodotti troppo idratanti, anche da parte di persone molto giovani che applicano creme antirughe pensate per un pubblico più adulto e che, invece di migliorare la salute della pelle, possono provocare irritazione e comparsa di acne. Inoltre, anche l’utilizzo di scrub o peeling casalinghi possono associarsi a arrossamento cutaneo. La pelle può essere anche interessata da patologie infiammatorie, come la dermatite atopica, un disturbo che in genere esordisce fin dall’infanzia, o da dermatiti irritative provocate da allergie o dermatiti allergiche da contatto. 

Cosa fare se si hanno macchie rosse sulla pelle? 

In presenza di macchie rosse persistenti sulla pelle è consigliabile effettuare una visita dermatologica perché gli arrossamenti possono associarsi a patologie come la dermatite seborroica, la dermatite atopica o dermatiti da contatto. Spesso i pazienti arrivano in sede di visita con una pelle trattata con creme o farmaci da banco o creme cortisoniche, che in realtà inquinano il quadro diagnostico. 

In questo caso lo specialista può richiedere di sospendere la terapia per qualche settimana, portando a una riacutizzazione di malattia, in modo da poter valutare adeguatamente lo stato di salute della cute. In ogni caso, in presenza di macchie rosse persistenti che non si risolvono con l’utilizzo di una crema idratante e che non hanno cause note, è opportuno fare riferimento allo specialista dermatologo.

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A cura di Valeria Leone
Cattiva circolazione: i sintomi della trombosi
Data articolo:Fri, 10 Oct 2025 12:27:41 +0000

Il sangue si distribuisce nel nostro corpo grazie al sistema circolatorio che è costituito da arterie e vene. Le arterie trasportano il sangue ossigenato nei polmoni a tutti gli organi, irrorandoli e rigenerandoli in modo da garantirne le funzioni. Le vene invece sono deputate al trasporto del sangue “sporco”, cioè carico delle scorie prelevate dai vari organi, da questi organi ai polmoni, dove vengono scambiate con nuovo ossigeno in un continuo circolo. 

Vi sono delle malattie, che conosciamo come trombosi, che possono compromettere il buon funzionamento della circolazione sanguigna, con insorgenza di eventi patologici anche importanti.

In occasione della Giornata mondiale della trombosi il prossimo 13 ottobre gli specialisti del Centro Trombosi saranno presenti con un banchetto informativo dedicato alla prevenzione degli eventi vascolari trombotici presso il building 2 dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas dal 13 al 17 ottobre dalle ore 10.00 alle ore 13.00.

Ne parliamo con il professor Corrado Lodigiani, Responsabile del Centro Trombosi e Malattie Emorragiche dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

Trombosi arteriosa: quali sono i sintomi

Le trombosi possono colpire sia le arterie, sia le vene e i sintomi percepiti dal paziente sono differenti. 

L’ostruzione di un vaso arterioso determina una sintomatologia diversa in funzione dell’organo verso cui l’arteria è diretta. 

Le trombosi arteriose più comuni sono l’ictus cerebrale, provocato da una trombosi di un’arteria che porta il sangue al cervello e che comporta manifestazioni come disturbi del linguaggio, della sensibilità e del movimento, e l’infarto del miocardio, provocato da una trombosi di un’arteria che porta il sangue al cuore (coronaria) e che comporta invece dolore toracico e/o al giugulo, irradiato al braccio sinistro e talvolta associato a mancanza di respiro e nausea.

La trombosi si può tuttavia più raramente sviluppare a carico di un’arteria di un qualsiasi altro organo, come l’intestino,  il fegato, il rene, la milza, l’occhio oppure interessare gli arti. In questi casi il sintomo più importante è un dolore molto intenso associato ad altre manifestazioni correlate all’alterato funzionamento dell’organo colpito.

I sintomi della trombosi venosa

Quando a essere colpite da trombosi sono le vene, si verificano principalmente manifestazioni provocate dall’impossibilità del sangue a refluire dagli organi, proprio a causa dell’occlusione delle vene che dovrebbero trasportarlo. I sintomi più comuni sono in questi casi dolore e aumento di volume dell’area interessata, come nella forma più frequente che è la trombosi agli arti inferiori.  

In alcuni casi si verifica l’embolia polmonare, una delle complicanze più severe della trombosi venosa, caratterizzata da sintomi come mancanza di respiro, tosse ed espettorazione di sangue e dovuta nella maggior parte dei casi alla frammentazione di un trombo formatosi nelle vene degli arti e alla sua embolizzazione (embolo) nelle arterie del polmone attraverso il cuore stesso. 

Più raramente la trombosi colpisce una vena del cervello (trombosi venosa cerebrale) oppure degli organi addominali (trombosi venosa splancnica) e in questi casi il sintomo più comune è un dolore molto intenso e persistente nell’area colpita.

Trombosi: fattori di rischio e prevenzione

Per la trombosi arteriosa prevalgono i cosiddetti fattori di rischio cardiovascolari, tra cui:

Nella trombosi venosa questi fattori di rischio, pur influendo, hanno un’importanza minore. Tra i fattori di rischio più importanti si riconoscono invece:

  • interventi chirurgici (soprattutto in mancanza di un’adeguata profilassi)
  • ricoveri ospedalieri e/o allettamento prolungato
  • sedentarietà
  • insufficienza venosa (vene varicose)
  • obesità
  • tumori
  • difetti congeniti/ereditari della coagulazione del sangue che danno una tendenza del sangue a coagulare di più (trombofilia)
  • alcune terapie farmacologiche, come gli estroprogestinici anticoncezionali o sostitutivi dopo la menopausa, i cortisonici utilizzati a dosi elevate e per tempo molto prolungato e alcune chemio e immunoterapie per la cura del cancro.

Come si diagnostica la trombosi

A una prima visita di valutazione con lo specialista internista o con lo specialista in malattie cardiovascolari o di Pronto Soccorso potrebbero seguire alcuni esami utili ad una diagnosi definitiva.

In particolare, per diagnosticare la trombosi venosa si svolgono abitualmente: 

  • prelievo venoso per dosaggio del d-dimero: se negativo si può escludere una trombosi venosa acuta
  • ecocolordoppler venoso per la trombosi degli arti 
  • TAC torace con mdc per diagnosticare l’embolia polmonare 
  • TAC addome con mdc per la trombosi dei vasi addominali
  • visita oculistica e fluorangiografia (nel sospetto di trombosi venosa dell’occhio).

Per diagnosticare la trombosi arteriosa si eseguono:

  • Elettrocardiogramma e specifici esami del sangue (nel sospetto di infarto del miocardio)
  • Ecocolordoppler arterioso nel sospetto di ischemia di un arto
  • TAC encefalo nel sospetto di ictus cerebrale
  • TAC addome con mdc nel sospetto di trombosi di organi addominali 
  • visita oculistica e fluorangiografia (nel sospetto di trombosi arteriosa dell’occhio).

Quali esami eseguire per la prevenzione della trombosi?

Si tratta di un tema rilevante in quanto le malattie da trombosi rappresentano ancora la principale causa di morte e malattia nei paesi occidentali.

In un caso su tre la trombosi è prevenibile. 

Sia nel caso della trombosi arteriosa, sia in quello della trombosi venosa, alcuni fattori di rischio sono modificabili attraverso il comportamento. 

In particolare, la prevenzione consiste nel praticare abitualmente attività fisica, mantenere un peso corporeo ottimale, mantenere entro gli intervalli di riferimento la pressione, i lipidi, il colesterolo e la glicemia e correggere l’insufficienza venosa qualora dovesse verificarsi.

Gli esami diagnostici più utili per la prevenzione:

  • visita con uno specialista esperto in malattie cardiovascolari (internista, ematologo della coagulazione, cardiologo o chirurgo vascolare)
  • Ecocolordoppler dei tronchi sovraaortici (ECDTSA)
  • Ecocolordoppler arterioso arti inferiori
  • Ecocardiogramma 
  • TAC cuore con mezzo di contrasto o RMN cuore da stress
  • Esami ematici per controllo colesterolo, trigliceridi, glicemia, uricemia e in casi selezionati screening di trombofilia. 

Come si cura la trombosi 

Per la trombosi arteriosa e quella venosa si seguono due percorsi terapeutici differenti. 

In presenza di trombosi arteriosa il paziente viene trattato acutamente in Pronto Soccorso con farmaci o procedure mirate a sciogliere il trombo nel minor tempo possibile (farmaci fibrinolitici, angioplastica percutanea con o senza stent, trombectomia meccanica per via interventistica o chirurgica). Nella fase post acuta o cronica con farmaci antiaggreganti piastrinici, che aiutano a fluidificare il sangue inibendo la funzione delle piastrine, che sono le cellule che compongono la parte cellulare del sangue deputate alla coagulazione del sangue stesso. 

Per la trombosi venosa, invece, si usano in fase acuta e meglio in Pronto Soccorso farmaci anticoagulanti che vanno a inibire quelle proteine (fattori della coagulazione) che, se attivate, sono responsabili della coagulazione definitiva del sangue e quindi della formazione di un coagulo, somministrati per  via endovenosa o sottocute (eparine) o ora anche orali (anticoagulanti orali diretti) e in più rari casi farmaci fibrinolitici o procedure interventistiche di trombectomia (rottura del trombo) quando la circolazione deve essere ripristinata in tempi brevi. Nella fase post acuta o cronica si usano nella maggior parte dei casi i farmaci anticoagulanti orali diretti e in rari casi anticoagulanti sottocute come le eparine a basso peso molecolare. 

Da segnalare, da questo punto di vista, che sono oggi in fase di sperimentazione nuovi farmaci anticoagulanti diretti contro il fattore XI, una proteina della coagulazione. Si tratta di farmaci innovativi, che dai dati a nostra disposizione risultano efficaci per sciogliere i trombi sia arteriosi che venosi e sembrerebbero esporre il paziente a un rischio estremamente basso di eventi emorragici che rimangono la complicanza più temibile delle terapie antitrombotiche.

Visita specialistica – Centro trombosi

La visita specialistica – Centro trombosi permette di accedere a un servizio clinico specializzato nella prevenzione, diagnosi e cura delle malattie da trombosi venosa e arteriosa.

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A cura di mmaestri
Il dolore nelle malattie reumatologiche: manifestazioni e cure
Data articolo:Thu, 09 Oct 2025 14:10:05 +0000

Le malattie reumatologiche in Italia colpiscono milioni di persone e frequentemente si manifestano con dolore dell’apparato locomotore (articolazioni, ossa, muscoli). Il dolore rimane infatti il sintomo cardine e definire la sua localizzazione è importante anche per una corretta diagnosi. 

Ne parliamo con il professor Carlo Selmi, Responsabile dell’Unità di Reumatologia e Immunologia Clinica in Humanitas e docente di Humanitas University.

È fondamentale distinguere le principali modalità del dolore perché la classificazione condiziona diagnosi, indagini e trattamento. Oltre ai due tipi di dolore classicamente noti, ovvero quello legato a un danno (nocicettivo/infiammatorio) e quello legato a un nervo (neuropatico, come nel caso della sindrome del tunnel carpale), è ora ben riconosciuto il dolore nociplastico.

Negli ultimi anni, infatti, la letteratura scientifica ha formalizzato il concetto di dolore nociplastico: un tipo di dolore che emerge da alterazioni nella trasmissione e modulazione del segnale doloroso (alterata nocicezione), anche in assenza di danno tissutale evidente o di lesione nervosa periferica. Questo meccanismo è tipicamente presente nella fibromialgia di cui costituisce il disturbo principale, ovvero il dolore diffuso a tutto il corpo, ma può coesistere con meccanismi infiammatori o degenerativi nelle artriti e nell’artrosi, rendendo il dolore più generalizzato, persistente e meno responsivo ai classici analgesici o antiinfiammatori. 

Artrite e artrosi: caratteristiche del dolore 

Quando si parla di artrite (es. artrite reumatoide o psoriasica) il dolore è più spesso infiammatorio: peggiora a riposo, durante la notte e nelle prime ore del mattino, con rigidità mattutina significativa e possibile tumefazione articolare. 

Le attuali linee guida EULAR (European Alliance of Associations for Rheumatology) raccomandano un approccio precoce e intensivo con farmaci DMARD (Disease Modifying Antirheumatic Drugs – farmaci in grado di modificare l’andamento della malattia) sia sintetici che biologici e una valutazione personalizzata del rischio-beneficio (per esempio cautela nell’uso di JAK-inibitori in pazienti con fattori di rischio cardiovascolare od oncologico, alla luce di recenti avvertenze regolatorie). 

Nell’artrosi il dolore è tipicamente meccanico: tende a migliorare con il riposo, è associato a rigidità mattutina breve (<30 minuti) e raramente a marcato gonfiore infiammatorio. I fattori di rischio includono età, genere femminile, sovrappeso, sovraccarico meccanico e familiarità.

Sebbene non esistano attualmente farmaci sistemici universalmente accettati in grado di arrestare la progressione strutturale dell’artrosi, alcuni interventi migliorano il dolore e la funzione: esercizio mirato, perdita di peso, terapia fisica, eventualmente infiltrazioni articolari (cortisonici o acido ialuronico, con evidenza variabile) e, nei casi avanzati, la chirurgia protesica. 

Fibromialgia e dolore nociplastico

La fibromialgia è considerata un disturbo del processamento del dolore a livello del sistema nervoso centrale. Il dolore della fibromialgia è cronico, diffuso e persistente, spesso descritto come sordo, gravativo o urente, con la sensazione di interessare “tutto il corpo”. Non deriva da un’infiammazione articolare o da un danno tissutale, ma da un’alterata elaborazione dei segnali dolorosi a livello del sistema nervoso centrale, motivo per cui viene definito dolore nociplastico. 

È tipicamente associato a ipersensibilità agli stimoli, tanto che anche una lieve pressione può risultare dolorosa. Il dolore si accompagna a stanchezza, disturbi del sonno e difficoltà cognitive, con andamento fluttuante e peggioramenti legati a stress, sforzi fisici o condizioni climatiche.

La gestione della fibromialgia richiede un approccio multimodale: esercizio graduale e supervisionato, educazione del paziente, terapie cognitivo-comportamentali e, quando indicati, farmaci centrali (es. duloxetina, pregabalin, alcuni antidepressivi inibitori della ricaptazione della noradrenalina e della serotonina/antidepressivi triciclici). Il trattamento farmacologico spesso ha un effetto moderato; l’attenzione alla qualità del sonno, all’attività fisica e al supporto psicologico è essenziale. 

Valutazione clinica moderna del dolore

Oggi si raccomanda una valutazione multidimensionale del dolore che includa: intensità, caratteristiche (nocicettivo/neuropatico/nociplastico), impatto funzionale, screening per sensibilizzazione centrale (per esempio Central Sensitization Inventory — CSI), co-morbilità psichiatriche, sonno e fatica. Questo orienta l’uso di trattamenti multimodali mirati. 

Per il dolore cronico muscolo-scheletrico (compresa la componente nociplastica) sono indicate terapie farmacologiche centrali come la duloxetina, che ha evidenza per dolore osteoarticolare cronico e fibromialgia. Gli interventi non farmacologici (esercizio fisico personalizzato, terapia fisica, educazione, terapia cognitivo comportamentale, tecniche di igiene del sonno) sono fondamentali, soprattutto quando è presente una componente nociplastica: questi approcci modulano il processamento centrale del dolore e migliorano funzione e qualità di vita.

In conclusione distinguere i meccanismi del dolore è cruciale per pianificare la cura. Nei processi infiammatori precoci, la terapia di fondo può prevenire il danno articolare e ridurre il dolore cronico. In presenza di dolore diffuso, affaticamento, disturbi del sonno o sintomi cognitivi è bene sospettare una componente nociplastica/centralizzata e attuare un approccio multimodale. Occorre informare i pazienti sui benefici di esercizio fisico, controllo del peso e terapia psicosociale; i problemi di rischio per alcuni farmaci (es. JAKi) devono essere discussi e documentati.

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A cura di mmaestri
Al via il mese della prevenzione senologica: in Humanitas torna “Sorrisi in Rosa”. Incontri, arte e prevenzione
Data articolo:Thu, 09 Oct 2025 10:16:29 +0000

Taglio del nastro per la nuova edizione di Sorrisi in Rosa, iniziativa nata nove anni fa grazie alla visione della fotografa Luisa Morniroli e della scrittrice Cristina Barberis Negra, con il contributo dei senologi Humanitas. Il progetto intende accendere i riflettori sull’importanza della diagnosi precoce e della prevenzione del tumore al seno, partendo dal racconto diretto di donne che hanno vissuto la malattia o sono in cura.

Oggi 150 donne che hanno seguito un percorso oncologico negli ospedali Humanitas fanno parte della comunità di Sorrisi in Rosa. Fulcro dell’iniziativa è la mostra fotografica, che ogni anno si arricchisce di nuove storie e volti: ritratti di donne avvolte in sciarpe rosa e testimonianze scritte che trovano spazio negli ospedali e nei centri Humanitas Medical Care in Lombardia, Piemonte e Sicilia. Ma non solo: il mese della prevenzione è animato da un calendario di iniziative a Milano, Bergamo, Torino, Castellanza, Catania. Consulti gratuiti, sessioni di make up, incontri divulgativi ed eventi sportivi sono consultabili a questo link.

Tra gli appuntamenti da non perdere a Milano: sabato 18 ottobre, dalle 9:00 alle 15:00 presso il Centro Congressi di Humanitas, “Mamazone – Paziente diplomata”, che ha l’obiettivo di fornire tutte le conoscenze e gli strumenti necessari per affrontare i cambiamenti del corpo a seguito di una diagnosi di tumore al seno e nelle varie fasi del processo di cura.

Sorrisi in Rosa 2025 è parte di Pink Union di Fondazione Humanitas per la Ricerca e ha il patrocinio del Comune di Rozzano, delle associazioni aBRCAdaBRA, Amiche per Mano, Europa Donna, Il filo della vita, LILT Milano e Bergamo, Mettiamoci le tette, Fondazione ONDA, Pink Amazon e WALCE.

Breast Unit, tanti volti, un solo obiettivo: la salute delle donne

In Italia il carcinoma mammario rimane la neoplasia più diffusa con circa 60.000 nuove diagnosi ogni anno. La diagnosi precoce e la ricerca sono armi fondamentali, sottolineano i clinici della Breast Unit dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas: dalle nuove terapie oncologiche personalizzate ai progressi della radioterapia, fino ai percorsi post-oncologici di ricostruzione mammaria, l’obiettivo è migliorare non solo la sopravvivenza, ma anche la qualità di vita delle pazienti. Il primo passo resta sempre la prevenzione, che in Humanitas e nei Centri Humanitas Medical Care di Milano oggi può contare sul supporto di sistemi di Intelligenza Artificiale per migliorare la qualità e l’efficacia degli esami mammografici.

Se esiste una cura, è perché c’è la Ricerca

Sorrisi in Rosa è parte di Pink Union di Fondazione Humanitas per la Ricerca, il progetto a sostegno della salute femminile che rappresenta l’impegno di medici e ricercatori che ogni giorno lavorano per aprire nuove strade alla cura delle patologie tipicamente femminili.

Durante il mese di ottobre, Fondazione Humanitas per la Ricerca sostiene il nuovo studio clinico BRAIN TRIAL, promosso da Humanitas e guidato dalla prof.ssa Daniela Bernardi, responsabile di Radiologia Senologica e Screening di Humanitas, per migliorare la diagnosi senologica e studiare percorsi diagnostici più mirati nelle donne con lesioni dubbie alla mammella, focalizzandosi in particolare sul ruolo delle biopsie.

Lo studio ha l’obiettivo valutare se i sistemi di Intelligenza Artificiale applicati all’ecografia mammaria possano aiutare a riclassificare correttamente alcune lesioni candidate ad un approccio bioptico, permettendo di evitare questo esame, senza compromettere la diagnosi dei tumori.

Un esempio di Ricerca con un grosso potenziale di impatto sul percorso delle donne con tumore al seno e la loro qualità di vita è NEONOD 2, coordinato dal prof. Corrado Tinterri, Direttore della Breast Unit dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, e dalla Prof.ssa Marta Scorsetti, Responsabile di Radioterapia e Radiochirurgia. Avviato nel 2020, è il primo progetto multicentrico in Europa che valuta l’impatto della conservazione dei linfonodi con minimo residuo tumorale dopo chemio-immunoterapia neoadiuvante. La rimozione dei linfonodi ascellari, quando necessaria, causa spesso un sovvertimento del normale deflusso della linfa dal braccio al tronco e nel 20-40 % dei casi provoca diversi gradi di linfedema (braccio grosso) che spesso rimane definitivo con gravi disagi e sindromi dolorose e infettive secondarie. Per questo i risultati potrebbero avere un grande impatto sulla vita di migliaia di donne.

NEONOD 2, i cui risultati preliminari saranno presentati a dicembre nel prestigioso convegno internazionale San Antonio Breast Cancer Symposium, è stato reso possibile anche grazie ad alcune aziende come DHL Express Italy, leader mondiale nei servizi di logistica, che ha creduto fortemente nel valore della Ricerca.

La prevenzione è un atto di cura verso se stessi che, per noi, si traduce in un gesto di responsabilità verso le nostre persone. In DHL Express Italy crediamo che attraverso iniziative sul territorio e campagne di sensibilizzazione, ad ogni livello, possiamo contribuire a rafforzare il valore del sé” – dichiara Antonella Sada, Head of Public Affairs, Brand & Communications and Sustainability di DHL Express Italy. “Ogni iniziativa che promuove il benessere ed ogni supporto offerto è come un seme di consapevolezza. Il nostro scopo ‘Connettere le persone e migliorare le vite’ trova pieno significato in momenti come questo, che rappresentano un seme che potrà prosperare. E oggi, insieme, abbiamo piantato qualcosa che continuerà a crescere”.

Il legame tra Ricerca e Cura è possibile grazie all’impegno di medici e ricercatori e grazie al sostegno dei cittadini che, durante la dichiarazione dei redditi, decidono di destinare il 5×1000 a Humanitas. Ogni persona può fare tanto: per sostenere la Ricerca di Humanitas nella dichiarazione dei redditi basta firmare nel campo “Ricerca Sanitaria” e scrivere il codice fiscale 10125410158.

Tra le pieghe della vita

Connessioni, emozioni, cura. In occasione di Sorrisi in Rosa 2025, è stata inaugurata l’opera collettiva “Tra le pieghe della vita”, realizzata dalla Scuola di Terapia Artistica dell’Accademia di Belle Arti di Brera, in collaborazione con Humanitas. All’origine, gli incontri tra studenti, studentesse e le donne di Sorrisi in Rosa per promuovere la consapevolezza sul tumore al seno e il valore della condivisione e della prevenzione.

Ogni partecipante ha dipinto pezzi di carta utilizzando tecniche miste come acquerello e acrilico. I fogli sono stati poi combinati per creare cerchi, mescolando le opere di più persone per sottolineare l’importanza della condivisione e del sostegno reciproco. Le partecipanti hanno avuto la libertà di scegliere se utilizzare i pennelli o le proprie mani e hanno avuto la possibilità di scrivere una parola o un pensiero all’interno delle pieghe della carta. Queste pieghe non solo hanno protetto il messaggio, ma hanno rappresentato anche il rafforzamento della carta, evocando simbolicamente la resilienza e la forza personale di chi le ha create.

L’installazione artistica sarà esposta per tutto ottobre nel Building 2 dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas, nei pressi della mostra di foto-racconti di Sorrisi in Rosa. Guarda il video:

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A cura di mmaestri
Ottobre: il mese della prevenzione dentale nel Dental Center IRCCS Istituto Clinico Humanitas
Data articolo:Wed, 08 Oct 2025 07:53:37 +0000

Un bel sorriso è un biglietto da visita importante per le nostre relazioni, ma dietro l’estetica si nasconde una componente fondamentale della salute generale. L’igiene orale non riguarda solo i denti: è parte integrante del benessere dell’intero organismo.

Ottobre, tradizionalmente dedicato alla prevenzione dentale, è il momento ideale per riflettere su come proteggere al meglio la nostra bocca e, di conseguenza, la salute complessiva.

L’importanza della prevenzione dentale costante

La prevenzione odontoiatrica è una necessità. Patologie come la carie e la parodontite non sono eventi inevitabili, ma disturbi prevenibili con buone abitudini e controlli regolari. Un’accurata igiene quotidiana, che comprende spazzolino, filo interdentale e scovolino, è la prima linea di difesa.

La placca batterica, una pellicola incolore che si forma sui denti, è la causa principale di quasi tutti i problemi orali. Se non rimossa, si trasforma in tartaro, un deposito duro che irrita le gengive e favorisce l’insorgenza di infiammazioni.

Parodontite e carie: dati e rischi

La parodontite, o piorrea, è una malattia infiammatoria cronica che colpisce i tessuti di supporto del dente, portando alla loro progressiva distruzione e, nei casi più gravi, alla perdita dei denti. Il recente studio Global Burden of Periodontal Diseases (1990–2021) ha analizzato l’impatto globale delle malattie parodontali nella fascia di età lavorativa (15–69 anni), stimando oltre 951 milioni di casi nel 2021, con un trend globale in aumento dal 1990.

Dati recenti pubblicati sulla rivista Journal of Dental Research mostrano correlazioni significative tra parodontite e malattie sistemiche come il diabete, l’artrite reumatoide e persino disturbi cardiovascolari. Nei tessuti gengivali, preda di infiammazione provocata dai batteri della placca, si formano delle sostanze che possono infatti entrare nel flusso sanguigno e raggiungere altri organi.

Come spiega il Prof. Roberto Weinstein, Direttore Scientifico di Denti e Salute, “La bocca è un organo in comunicazione costante con tutto l’organismo. Ignorare un’infiammazione gengivale o trascurare una carie significa aumentare il rischio di sviluppare patologie molto più gravi”.

La carie rimane una delle patologie più diffuse: si stima che fino all’80% degli italiani possa svilupparne almeno una nella vita. È un processo distruttivo del tessuto duro del dente causato da acidi prodotti dai batteri che metabolizzano gli zuccheri. I principali fattori di rischio includono dieta ricca di zuccheri, igiene inadeguata e scarsa esposizione al fluoro.

Il ruolo insostituibile del dentista e delle tecnologie di prevenzione dentale

Le buone abitudini a casa non bastano. Le visite di controllo periodiche dal dentista permettono di diagnosticare precocemente problematiche che, se trattate tempestivamente, richiedono interventi meno invasivi e costosi.

Durante questi appuntamenti, il professionista può individuare problemi in fase iniziale, quando sono più facili da trattare. Inoltre, la pulizia dei denti professionale (ablazione del tartaro e della placca batterica) è l’unico modo per rimuovere i depositi di tartaro che lo spazzolino non può eliminare.

Tuttavia, un’indagine di Altroconsumo ha rivelato che tre italiani su dieci non effettuano controlli regolari.

Oggi l’odontoiatria preventiva integra strumenti avanzati: diagnostica digitale, sistemi per la rilevazione precoce delle lesioni cariose, e laser per trattamenti minimamente invasivi.

L’odontoiatria preventiva non si limita a curare, ma a educare e a proteggere, offrendo una visione a lungo termine della salute orale.

Come supportiamo la prevenzione dentale

Nel Dental Center IRCCS Istituto Clinico Humanitas, l’approccio è multidisciplinare: valutazione clinica, igiene professionale, piani di mantenimento personalizzati e programmi educativi per pazienti di tutte le età.

Non sottovalutare la potenza di un gesto semplice come lavarsi i denti: è un investimento nel futuro. Approfitta di questo mese e vieni a trovarci il 9 e 23 ottobre per le giornate dedicate alla prevenzione!

Prenota una visita odontoiatrica:

  • Dental Center IRCCS Istituto Clinico Humanitas
  • Via Alessandro Manzoni 56, Rozzano
  • Telefono: 02 82246868
  • Direttore Sanitario per i Servizi Odontoiatrici: Dott. Robles Rodriguez Sergio

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A cura di mmaestri
Tiroide: cosa significa se il TSH è alto?
Data articolo:Tue, 07 Oct 2025 12:25:04 +0000

L’ormone tireostimolante, o TSH, ha la funzione fondamentale di stimolare la tiroide a produrre gli ormoni necessari al corretto funzionamento del metabolismo. Un livello di TSH superiore alla norma può indicare la presenza di ipotiroidismo, una condizione caratterizzata da un rallentamento dei processi metabolici dovuto a una ridotta produzione di ormoni tiroidei.

Ne parliamo con il professor Andrea Lania, Responsabile dell’Unità di Endocrinologia e Diabetologia presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano, e con la dottoressa Sofia Ballarini, specializzanda in Endocrinologia.

Che cos’è l’ormone tireostimolante (TSH)?

L’ormone tireostimolante, o TSH (tireotropina), è prodotto dall’ipofisi, una ghiandola situata alla base del cervello, sotto l’ipotalamo. La sua funzione è stimolare la tiroide a produrre e rilasciare gli ormoni T3 (triiodotironina) e T4 (tiroxina), indispensabili per il corretto funzionamento del metabolismo.

T3 e T4 influenzano numerose funzioni dell’organismo, tra le quali la funzionalità cardiaca e digestiva, la salute delle ossa, il tono e la forza muscolare, e lo sviluppo cerebrale durante la vita fetale e i primi anni di vita.

La secrezione di TSH è regolata da un delicato meccanismo di feedback tra ipotalamo, ipofisi e tiroide, nell’ambito del sistema endocrino.

TSH alto: cosa significa?

Valori di TSH più alti rispetto alla norma possono indicare ipotiroidismo, un disturbo legato a una produzione insufficiente di T3 e T4. Quando i livelli di questi ormoni si riducono, l’ipofisi aumenta la secrezione di TSH nel tentativo di stimolare maggiormente la tiroide.

Tra le cause più comuni di ipotiroidismo vi è la tiroidite di Hashimoto, una malattia autoimmune. Più raramente, un TSH elevato può dipendere da un problema dell’ipofisi stessa, come un adenoma ipofisario, ma in questo caso i livelli di T3 e T4 sono elevati.

Nelle donne in gravidanza, il monitoraggio dei livelli di TSH è particolarmente importante: la presenza di una ridotta funzione tiroidea testimoniata dall’aumento del TSH può aumentare il rischio di complicanze e di aborto spontaneo.

TSH alto: quali sono i sintomi?

L’aumento del TSH si associa nella maggior parte dei casi a ipotiroidismo. I sintomi più frequenti sono:

A cosa serve l’esame del TSH?

Il dosaggio del TSH viene eseguito per individuare eventuali disturbi della tiroide, monitorare patologie già diagnosticate, valutare la funzionalità dell’ipofisi (con il contemporaneo dosaggio di FT4 e FT3), effettuare lo screening neonatale dell’ipotiroidismo congenito, approfondire casi di infertilità femminile.

L’esame consiste in un prelievo di sangue dal braccio (oppure da una puntura sul tallone nei neonati) e non richiede digiuno preventivo, a differenza di altri esami ematici. Chi è in terapia sostitutiva con levotiroxina deve effettuare il prelievo prima dell’assunzione del farmaco.

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A cura di Valeria Leone
Miocardite: cos’è e quali sono i sintomi
Data articolo:Tue, 07 Oct 2025 09:23:53 +0000

La miocardite è un’infiammazione del tessuto muscolare del cuore (miocardio). Si tratta di un disturbo con sintomatologia e prognosi molto variabili, che in molti casi va incontro a remissione completa, ma in alcuni casi può compromettere significativamente la funzionalità del cuore, con possibili esiti infausti.

Ne parliamo con il dottor Davide Romagnolo, cardiologo dell’Unità di Cardiologia Clinica e Interventistica e UCC dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

Miocardite: quali sono i sintomi

La sintomatologia della miocardite acuta comprende manifestazioni molto diverse tra loro. Sebbene in alcuni casi possa decorrere in maniera quasi del tutto asintomatica, accompagnata solo da sintomatologia aspecifica (stanchezza, malessere generale), nella maggior parte dei casi si presenta con sintomi simili a quelli di un infarto miocardico, ovvero dolore toracico di varia intensità, associato ad alterazioni dell’elettrocardiogramma e degli indici di laboratorio di necrosi cardiaca (troponina, mioglobina e creatina-chinasi).

In altri casi, la prima presentazione può essere aritmica, ovvero manifestarsi con alterazioni del ritmo cardiaco di vario genere e gravità, che possono determinare svenimenti o, più raramente, l’arresto cardiaco e la morte cardiaca improvvisa. In altri casi ancora, il sintomo predominante è la mancanza di fiato (dispnea), causata da una ridotta capacità contrattile del ventricolo sinistro, che determina un accumulo di liquido a livello polmonare e, nei casi più gravi, shock con necessità di ricovero in terapia intensiva con necessità di supporto meccanico e/o farmacologico al circolo.

Nelle settimane o nei giorni che precedono la miocardite acuta, può inoltre insorgere una sintomatologia simil-influenzale, con febbre, mal di gola, disturbi delle vie respiratorie e/o disturbi gastrointestinali.

Le cause della miocardite

La miocardite acuta può essere determinata da svariate cause. Nella maggior parte dei casi, le miocarditi sono dovute a infezioni virali (Coxsackievirus, HIV, Adenovirus, Coronavirus) mentre è relativamente raro il coinvolgimento di agenti infettivi come batteri, funghi o protozoi. In questi casi l’infiammazione del muscolo cardiaco può essere determinata sia dalla citotossicità diretta del germe che comporta la morte cellulare sia da un’eccessiva risposta immunitaria dell’organismo contro le sue stesse cellule infettate dal virus.

In altri casi, la miocardite può associarsi a sindromi allergiche, infiammatorie e autoimmunitarie sistemiche, quali il lupus eritematoso sistemico, la sarcoidosi e l’artrite reumatoide, o insorgere anche a seguito dell’utilizzo di sostanze o farmaci cardiotossici e immunomodulanti, come alcuni chemioterapici.

Infine, anche tipi di cardiomiopatie possono attraversare delle fasi di infiammazione acuta (hot phases) associate spesso a importanti disturbi del ritmo cardiaco.

Come si cura la miocardite?

Il trattamento della miocardite acuta dipende principalmente dalla causa sottostante il disturbo, che va pertanto prontamente riconosciuta e rimossa. In alcuni casi specifici, quando la causa è un’eccessiva risposta immunitaria, si può ricorrere a una terapia immunosoppressiva, che riduce le difese immunitarie dell’organismo, con farmaci come corticosteroidi o inibitori di specifici mediatori proinfiammatori endogeni (citochine).

In ogni caso è generalmente raccomandato il ricovero in ambito ospedaliero, sia per somministrare la terapia, sia per monitorare il decorso della patologia e riconoscere tempestivamente eventuali complicanze. In casi particolarmente gravi potrebbe essere necessario il ricovero in terapia intensiva, per intervenire sulle aritmie o fornire supporto al sistema circolatorio.

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A cura di mmaestri
Botulino: i sintomi dell’intossicazione e come evitarla
Data articolo:Mon, 06 Oct 2025 09:53:36 +0000

Il botulino è una delle intossicazioni più pericolose per l’essere umano. Le tossine prodotte dal batterio Clostridium botulinum possono infatti provocare conseguenze gravissime, fino alla paralisi respiratoria e alla morte. La difficoltà maggiore sta nel riconoscerne i sintomi: nelle fasi iniziali, infatti, l’intossicazione può sembrare una comune gastroenterite, con il rischio di sottovalutarla. 

Ne parliamo con il professor Michele Bartoletti, responsabile dell’Unità operativa di Infettivologia dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

Botulino: cos’è?

Con il termine botulino ci si riferisce al batterio Clostridium botulinum, un microrganismo anaerobio in grado di produrre tossine altamente pericolose. Non è il batterio in sé a causare l’intossicazione, bensì le sue tossine, che possono svilupparsi in ambienti poveri di ossigeno. Gli alimenti conservati in modo scorretto rappresentano la fonte principale di contaminazione. Anche ferite contaminate o pratiche sanitarie scorrette possono favorire l’ingresso del batterio nell’organismo. 

Il botulismo può manifestarsi in diverse forme.

La forma più comune è il botulismo alimentare, legata soprattutto al consumo di conserve fatte in casa, carne o pesce in scatola e salumi contaminati.

Il botulismo infantile interessa i bambini sotto l’anno di età, che possono ingerire le spore e sviluppare l’infezione nell’intestino.

Il botulismo da ferita, invece, compare quando le spore penetrano in una lesione, per esempio tramite ferite contaminate o l’uso di siringhe non sterili.

Il botulismo negli adulti ha le stesse caratteristiche di quello infantile.

Infine il botulismo iatrogeno è dovuto a un uso improprio della tossina botulinica in ambito medico o estetico.

Botulino: sintomi

I sintomi si presentano generalmente entro 18-36 ore dall’ingestione della tossina, ma possono comparire anche dopo diversi giorni.

Nella fase iniziale ricordano quelli di una gastroenterite:

Con il progredire dell’intossicazione, però, emergono segnali più gravi: 

  • difficoltà a deglutire e a parlare
  • visione sdoppiata o annebbiata
  • secchezza della bocca
  • palpebre cadenti
  • difficoltà respiratorie
  • paralisi progressiva dei muscoli.

Nei lattanti i sintomi si presentano in modo diverso:

  • stitichezza persistente
  • debolezza muscolare e movimenti rallentati
  • difficoltà a tenere la testa alzata
  • voce debole o soffocata
  • difficoltà a succhiare
  • palpebre cadenti
  • irritabilità. 

Botulino e conserve: le regole di prevenzione

La prevenzione è la strategia più efficace contro il botulismo, in particolare quello di origine alimentare. Prima di tutto, bisogna evitare il consumo di cibi sospetti: non consumare alimenti conservati in contenitori rigonfi o che all’apertura non producono il tipico “clac” del sottovuoto. 

Bisogna poi seguire regole precise nelle conserve fatte in casa.

  • Per le verdure: cuocere in acqua e aceto in parti uguali, invasare e successivamente pastorizzare i barattoli in acqua bollente per circa 15-20 minuti nel caso di contenitori da 350–400 grammi;
  • per marmellate e confetture: usare frutta e zucchero in quantità uguali o aggiungere succo di limone se si riduce lo zucchero, fino a raggiungere un pH inferiore a 4,6;
  • per olive e salamoie: rispettare la proporzione di 100 g di sale per ogni litro d’acqua;
  • per quanto riguarda carne e pesce conservati, è bene ricordare che senza un’adeguata acidificazione o salatura, il rischio di proliferazione batterica è molto alto. 

Infine, è sempre necessario lavare accuratamente mani e utensili durante la preparazione degli alimenti.

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A cura di Valeria Leone
Dermatite atopica: le cause e come si cura
Data articolo:Fri, 03 Oct 2025 12:47:21 +0000

La dermatite atopica (o eczema) è una patologia infiammatoria cronica che colpisce la pelle con chiazze arrossate e pruriginose. La sua presenza può avere un impatto importante sulla qualità della vita di chi ne soffre, anche perché le lesioni possono interessare aree visibili, come il volto o le mani e per l’intenso prurito.

Quali sono le cause della dermatite atopica e come si cura? Ne parliamo con la dottoressa Alessandra Narcisi, dermatologa presso l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

Dermatite atopica: i sintomi

La dermatite atopica può colpire aree diverse del corpo: in età infantile si osserva più spesso sul volto, braccia e gambe, mentre dall’adolescenza e in età adulta tende a localizzarsi su volto, collo, e dorso delle mani.

Le lesioni inizialmente si presentano con eritema, vescicole ed essudazione; dopodiché compaiono desquamazione, croste e un ispessimento della cute con secchezza, tipico delle fasi croniche.

Il prurito è un sintomo costante e spesso difficile da gestire.

Le cause della dermatite atopica

Alla base della dermatite atopica vi è una combinazione di fattori genetici e ambientali. La pelle presenta una barriera cutanea alterata e un’alterazione dell’immunità innata cutanea, che la rende più esposta agli stimoli ambientali. In queste persone, il sistema immunitario “iperattivo” tende a rispondere in maniera esagerata agli agenti esterni e allo stress, come di fronte a una reazione allergica, anche in presenza di stimoli minimi.

Come viene diagnosticata la dermatite atopica?

La diagnosi è in gran parte clinica: lo specialista dermatologo si basa sull’osservazione dei segni cutanei e sulla raccolta dell’anamnesi familiare e personale. Durante la visita specialistica viene anche valutata l’estensione e la gravità della malattia, così da impostare la terapia più appropriata.

Se vi sono comorbidità associate, come rinite, asma, poliposi nasale o disturbi gastrointestinali come l’esofagite eosinofila, può essere utile la misurazione delle IgE totali e specifiche. Questi esami non servono a confermare la diagnosi di dermatite atopica, ma possono rivelare allergie non ancora diagnosticate, permettendo di definire un percorso di cura e prevenzione più mirato. È importante sottolineare che solo in una minoranza di pazienti la dermatite peggiora a causa dell’esposizione ad allergeni alimentari o inalanti. Per questo motivo, eliminare certi alimenti dalla dieta senza indicazione medica e test appropriati va evitato.

Negli adulti che sviluppano eczema per la prima volta, può rendersi necessario escludere una dermatite allergica da contatto attraverso l’esecuzione dei patch test.

Come prevenire la dermatite atopica?

Chi soffre di dermatite atopica deve prendersi cura quotidianamente della propria pelle. In particolare, nei periodi in cui la malattia è più attiva, l’applicazione frequente di emollienti contribuisce a ristabilire la barriera cutanea. È altrettanto importante evitare l’esposizione a sostanze o materiali che possono irritare la pelle, come saponi schiumogeni o tessuti ruvidi.

Per prevenire le riacutizzazioni, si può:

  • ridurre i tempi di esposizione all’acqua, preferendo la doccia al bagno e utilizzando acqua tiepida;
  • scegliere detergenti privi di tensioattivi schiumogeni: questi agenti lavanti rimuovono i lipidi naturali della pelle e favoriscono l’infiammazione;
  • asciugarsi tamponando delicatamente, senza strofinare;
  • applicare emollienti anche più volte al giorno, soprattutto dopo la detersione, evitando però le zone infiammate;
  • preferire fibre naturali come il cotone, evitando cuciture spesse o etichette che possano irritare;
  • esporsi al sole con attenzione, usando sempre la protezione solare adeguata al proprio tipo di pelle.

Dermatite atopica: come si cura

La gestione della dermatite atopica si basa su una prevenzione attenta delle riacutizzazioni, attraverso una routine quotidiana di idratazione e protezione della pelle. Quando la malattia si acutizza o si cronicizza, possono essere necessari trattamenti farmacologici.

Per le forme lievi, si utilizzano:

  • corticosteroidi topici, da applicare localmente sulle aree colpite;
  • immunomodulatori topici, che rappresentano un’alternativa ai corticosteroidi nelle terapie prolungate o su aree delicate;
  • fototerapia, indicata in caso di coinvolgimento cutaneo esteso.

Nei casi moderati o gravi si può ricorrere a immunosoppressori sistemici come la ciclosporina, in grado di ridurre rapidamente infiammazione e prurito. Questo farmaco viene prescritto per periodi limitati, per minimizzare i rischi legati a un uso prolungato. Se la malattia si ripresenta dopo il trattamento o se la ciclosporina non è adatta al paziente è possibile impiegare farmaci biologici: anticorpi monoclonali, somministrati per via sottocutanea, che bloccano l’attivazione dell’IL-4 e/o dell’IL-13, o farmaci orali (JAK inibitori) a bersaglio molecolare.

Cura della dermatite atopica: l’evento in Humanitas

Mercoledì 15 ottobre alle ore 17:00 presso il Centro Congressi dell’IRCCS Humanitas di Rozzano, sì terrà l’evento MyDA (con il patrocinio di ANDeA – Associazione Nazionale Dermatite Atopica) dedicato alle persone con dermatite atopica. La dottoressa Alessandra Narcisi incontrerà i pazienti interessati con l’obiettivo di presentare il nuovo approccio per raggiungere il livello minimo di malattia (Minimal Disease Activity), riducendo al minimo l’impatto della dermatite atopica sulla quotidianità.

La partecipazione è gratuita ed è aperta a pazienti con dermatite atopica e caregiver, previa registrazione al sito https://myda-registrazione.it.


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A cura di mmaestri
Cuore: i sintomi da non sottovalutare
Data articolo:Mon, 29 Sep 2025 07:53:59 +0000

Con rischio cardiovascolare si intende la probabilità che una persona incorra in eventi cardiovascolari maggiori, come l’infarto del miocardio o l’ictus cerebrale. Le patologie cardiovascolari, che interessano cuore e vasi sanguigni, rappresentano oggi la prima causa di morte in Italia e nei paesi sviluppati. Si tratta di malattie multifattoriali, determinate da vari fattori di rischio, modificabili o non modificabili. Conoscere il proprio rischio, e correggere i fattori di rischio che lo determinano adottando modifiche dello stile di vita e facendo ricorso a terapie farmacologiche mirate, se indicate, può contribuire a ridurre l’insorgenza di patologie cardiovascolari.

Ne parliamo con il dottor Davide Romagnolo dell’Unità di Cardiologia Clinica e Interventistica e UCC dell’IRCCS Istituto Clinico Humanitas di Rozzano.

Quali sono i fattori di rischio cardiovascolare

La valutazione del rischio cardiovascolare è una parte fondamentale della visita cardiologica perché consente allo specialista di individuare le persone maggiormente esposte a possibili eventi cardiovascolari e mettere così in atto strategie preventive adeguate, basate su modifiche dello stile di vita ed, eventualmente, terapie farmacologiche.  

I fattori di rischio cardiovascolare sono suddivisi in fattori di rischio modificabili e fattori di rischio non modificabili.

I fattori di rischio modificabili sono quelli su cui è possibile intervenire attivamente per ridurre il rischio cardiovascolare, e comprendono:

  • alterazioni dell’omeostasi glucidica e lipidica (per esempio in caso di dislipidemia o diabete mellito)
  • fumo di sigaretta
  • pressione arteriosa più alta della norma (ipertensione)
  • sedentarietà
  • sovrappeso e obesità
  • stress.

I fattori di rischio non modificabili sono, invece, quelli su cui non è possibile intervenire e comprendono:

  • età
  • familiarità, ovvero predisposizione ereditaria a sviluppare malattie cardiovascolari
  • sesso maschile.

Cuore: i sintomi cui prestare attenzione

I sintomi che rappresentano un campanello d’allarme per l’insorgenza di patologie cardiovascolari e in presenza dei quali si deve chiedere immediata assistenza medica sono:

  • angina pectoris: un dolore toracico al centro del petto, spesso descritto come un “peso” o una “morsa”, che talvolta si irradia alla gola o all’arto superiore sinistro e che viene tipicamente esacerbato da sforzi
  • dispnea: ovvero mancanza di fiato
  • palpitazioni: percezione di battiti accelerati, rallentati o irregolari
  • sincope: svenimento improvviso con pronta ripresa di coscienza.

Altri sintomi da non sottovalutare sono:

  • affaticamento (astenia)
  • sudorazione fredda
  • mal di stomaco
  • malessere generale
  • vertigini.

Come misurare la frequenza cardiaca

La frequenza cardiaca è espressa dal numero di pulsazioni cardiache (ovvero contrazioni del cuore) al minuto. Il modo più semplice per misurare la frequenza cardiaca è l’auscultazione o la palpazione diretta dei polsi. Tra gli altri strumenti che possono aiutare a identificare la presenza di un battito cardiaco accelerato o rallentato ci sono il pulsossimetro (o saturimetro) e alcuni apparecchi automatizzati per misurare la pressione arteriosa.

Rischio cardiovascolare e stile di vita

Per ridurre il rischio cardiovascolare è fondamentale intervenire sullo stile di vita. Per quanto riguarda l’alimentazione, la dieta mediterranea è un formidabile alleato della salute cardiovascolare. Occorre quindi prediligere il consumo di grassi “buoni”, come quelli contenuti negli oli vegetali nobili, come l’olio extravergine d’oliva, e consumare cibi ricchi di acidi grassi omega 3, come pesce azzurro, salmone, noci e mandorle. Si consiglia inoltre di preferire i cibi a basso indice glicemico, come i cereali integrali ed i legumi, e limitare invece gli zuccheri semplici, come i dolci. È importante poi consumare grandi quantità di verdura e frutta: almeno cinque porzioni al giorno, come indicato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Da limitare il più possibile invece il consumo di grassi animali ed alimenti ricchi di colesterolo, quali carni rosse, latticini, uova e crostacei.

Anche l’attività fisica è importante per il benessere cardiovascolare. In particolare, le linee guida della Società Europea di Cardiologia suggeriscono di svolgere un’attività aerobica (camminata veloce, bicicletta, corsa, nuoto) per almeno 300 minuti a settimana. In questo modo si possono combattere i principali fattori di rischio cardiovascolare: fare attività fisica regolarmente, infatti, contribuisce a ridurre la pressione arteriosa, migliorare la tolleranza allo sforzo, ridurre l’insulino-resistenza, ridurre l’accumulo di colesterolo e grassi e migliorare il benessere psicofisico.

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A cura di mmaestri
Let’s talk with Sorrisi in Rosa: la prevenzione del tumore al seno raccontata dalle donne
Data articolo:Fri, 26 Sep 2025 10:09:45 +0000

Ottobre, mese della prevenzione senologica, porta in Humanitas l’iniziativa Sorrisi in Rosa. Il progetto, ideato nove anni fa dalla fotografa Luisa Morniroli e dalla scrittrice Cristina Barberis Negra in collaborazione con i medici delle Breast Unit di Humanitas, mira a sensibilizzare sul tumore al seno attraverso le testimonianze di donne che hanno affrontato la malattia e il percorso di cura. Ad oggi, 150 pazienti degli ospedali Humanitas di Rozzano, Milano, Bergamo, Torino, Castellanza e Catania hanno aderito al progetto, diventando portavoce e testimonial della campagna.

Mercoledì 8 ottobre, alle ore 11, l’IRCCS Istituto Clinico Humanitas apre le porte a “Let’s talk with Sorrisi In Rosa”, evento gratuito presso l’Auditorium del Centro Congressi di Rozzano. Un varietà dal ritmo incalzante, che unisce testimonianze, il racconto dei progressi della Ricerca, le ultime novità cliniche per la cura e la diagnosi di quello che resta il tumore più diffuso tra le donne, in Italia.

Protagoniste della mattinata, le fondatrici di Sorrisi in Rosa accompagnate da Gerry Scotti, da sempre testimonial del progetto, e dai medici della Breast Unit di Humanitas. Tra gli ospiti, Antonella Sada, Head of Public Affairs, Brand&Communications and Sustainability di DHL Express Italy, che supporta incondizionatamente l’evento, e alcuni studenti e studentesse dell’Accademia di Belle Arti di Brera che presenteranno un’installazione artistica realizzata ispirandosi alle testimonianze dei Sorrisi in Rosa. Il progetto di arte sarà esposto in tutte le sedi degli ospedali Humanitas.

Per partecipare è necessario accreditarsi:


Il Festival di Sorrisi in Rosa: prevenzione, condivisione e Ricerca

L’evento di ottobre dà il via al Festival di Sorrisi in Rosa. Anima centrale del progetto è da sempre la mostra fotografica, composta da ritratti di donne e racconti, che ogni anno torna con nuove testimonial per vestire gli ospedali Humanitas e i centri Humanitas Medical Care in Lombardia, Piemonte e Sicilia. Foto e racconti di speranza esposti in grande formato lì dove possono fare la differenza, dando coraggio a donne che ricevono la diagnosi di tumore al seno o stanno seguendo un percorso di cura.

Il calendario di iniziative 2025 che prevede consulti gratuiti, sessioni di make up, incontri divulgativi ed eventi sportivi è online a questo link.

Sorrisi in Rosa è parte di Pink Union by Fondazione Humanitas per la Ricerca, ente no profit presieduto dal Prof. Alberto Mantovani, che nel 2025 celebra i 20 anni di attività. Se vuoi scoprire come sostenere la Ricerca visita il sito: Pink Union – Fondazione Humanitas per la Ricerca

LET’S TALK WITH SORRISI IN ROSA

  • Mercoledì 8 ottobre 2025   
  • Ore 11:00 – 13:00
  • Auditorium Centro Congressi Humanitas (Sala E)
  • Via Manzoni 113, Rozzano
  • Prenotazione gratuita a questo link.

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A cura di mmaestri


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