Racconti popolari del Piemonte: Tremate, le masche son tornate



La foresta incantata, immagine da computergrafica di Daniele La Grassa

Il gatto, la falce, il palo *

C'era una volta un padre con tre figli. Un giorno morì e lasciò ai suoi figli le tre cose che possedeva: un gatto, una falce e un palo di ferro. Il figlio più grande scelse per eredità il gatto, il secondo prese la falce, al terzo toccò il palo di ferro. Il figlio grande va in cerca di fortuna col gatto e capita in un paese dove non conoscevano i gatti, ma c'erano tanti ratti che infestavano a destra e a manca e depredavano le scorte alimentari. La gente vede il gatto e curiosa chiede sl giovane se quel 4 zampe era utile a qualcosa. Il giovane fa: "Si chiama gatto e non lascia vivo neanche un ratto". Lo mette alla prova e il gatto sbrana, spaventa, scompiglia tutti i topi. Quella gente vuole l'animale e tira e molla il giovane lo vende 24 mila lire. I paesani faticano a mettere insieme una somma così alta, ma nel pomeriggio sul tardi quando tutti i paesani ritornano dai campi raggiungono la cifra pattuita e gliela consegnano. Partito il padrone però, quel gatto comincia a miagolare così forte che sembrava invocare il diavolo, i paesani si stufano e si spaventano. Richiamano il giovane e pur di liberarsi del gatto gli restituiscono il gatto con altre 24 mila lire. Il giovane torna a casa, ricco e contento, e tira sù il più bel palazzo mai visto nei dintorni.
L'altro fratello, vista la fortuna del primo, piglia la falce e parte. Arriva in un paese dove non s'è mai vista una falce, dove tagliavano il grano con la lesina. Il giovane, venuto a conoscenza di ciò, dimostra che in un'ora, con quella falce si poteva fare il lavoro che loro in quel paese riuscivono a compiere in sette giorni. Subito i paesani vogliono la falce. Il giovane la cede per 20 mila lire. Ma il re di quel paese, per tagliare veloce, veloce, con un colpo di quella falce si taglia la pancia. Allora il giovane viene richiamato, perchè si riprenda l'arnese, e lui accetta, se gli vengono date però altre 20 mila lire. Cosa fatta. E anche lui torna a casa ricco e contento e tira un palazzo uguale a quello del fratello.
E così finisce la ventura del gatto che miagola e della falce che taglia. E di quell'altro fratello che aveva preso il palo di ferro, volete sapere come gli andò a finire? Gira e rigira, non trovava nessuno interessato a quel palo. Allora al posto di portarlo in spalla lo piantò a terra e gli cominciò a girare intorno e ancora gira,gira,gira...

* Tratto liberamente da G.Ferraro, Racconti popolari monferrini, del Museo delle Arti e Tradizioni popolari di Roma 1869.



Caratteri generali dei racconti popolari piemontesi

Molti motivi della fiabe piemontese non sono prerogativa della terra pedemontana, ma possono essere rintracciati in racconti popolari simili di paesi anche molto lontani. Però in generale si può dire che, "a differenza di quanto accadde per le altre regioni italiane, quelle facenti parte della zona socio-culturale delle Alpi e della pianura padana appartengono ad una comune tradizione, che è quella della cultura arcaica delle zone alpine...si può avanzare abbastanza fondatamente l'ipotesi che tale cultura sia il prodotto di influssi di lontana origine mesopotamica trasmessisi ..lungo le vie fluviali della zona danubiana fino a raggiungere l'Europa centrale(Carlo Tullio Altan, Il patrimonio delle tradizioni popolari italiane nella società settentrionale, a cura di, Firenze 1972 pag.50). Per ciò che riguarda le fiabe piemontesi l'ipotesi, testè suggerita, risponde al vero nel brevissimo saggio sotto riportato. Frequenti sono in queste fiabe piemontesi i riferimenti alle credenze slavo-balcaniche. Presenti, pure, e notevoli le somiglianze con le fiabe germaniche.
Ma sicuramente la storia,la storia minimale, la microstoria, il vissuto dei narratori che avevano apprese le fiabe da piccoli ha sicuramente lasciato un'impronta, nuove sfaccettature, piccole modifiche che, se non hanno creato una nuova variante, sicuramente hanno contribuito a dare una certa originalità di sapore tipicamente locale.
Premettendo che pur se le fiabe molto probabilmente hanno origine dai riti iniziatici o meglio dai racconti che venivano narrati durante i riti iniziatici di popolazioni organizzate in clan che vivevano prevalentemente di caccia e raccolta ed inoltre dai miti di rappresentazione della morte dei primi popoli coltivatori, è indubbio che questi racconti rifiorirono, tra le classi subalterne e non, col crollo dell'impero romano e quindi con la ripresa di un nuovo ciclo feudale-curtense. Almeno così, cioè ambientate nell'epoca medievale, gli studiosi li hanno raccolti nel corso del XIX secolo.
I racconti popolari quando si municipalizzano, cioè quando il meraviglioso, il magico, i castelli, la visione di un mondo tipicamente feudale-curtense decadono, allora si legano di più al vissuto, al quotidiano del narratore. E in questo caso il collegamento con il contesto storico in cui il racconto popolare viene raccolto "vivo" può essere decifrato. Queste modifiche delle fiabe, secondo uno dei maggiori studiosi di fiabe come V.J.Propp, vengono maggiormente eseguite dai narratori più o meno inconsapevolmente sia all'inizio sia alla fine della trama.
Secondo il Beccaria "raccontare le fiabe" era una sorta di rito reiterato che “nasceva ogni sera, era destinato a tempi e momenti precisi di riti-riunioni comunitarie: le veglie, i lavori di gruppo come la spogliatura della meliga, la tessitura, il filare la canapa o la lana.... Le fiabe in Piemonte venivano narrate soprattutto d’inverno, che era momento di riaggregazione sociale, momento di interruzione dell’impegno del lavoro all’aria aperta, dopo il periodo caldo dell’estate, ch’era il momento della dispersione, del lavoro a tempo pieno. Il periodo freddo era vissuto nelle valli del Piemonte con particolare intensità rituale.Il rito del narrare era necessario al mantenimento e al funzionamento dell’organizzazione sociale, perché la fiaba non poteva essere raccontata in un momento qualsiasi della giornata, ma faceva parte di atti proprii a rilassare dalle fatiche quotidiane”(G.Arpino- G.L.Beccaria, Fiabe piemontesi., pag.39-40).


Sono disponibili in internet alcune fiabe piemontesi)

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