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Il ruolo delle ‘tre dame’ nel secondo atto, cioè il
compito di far parlare l'iniziato o l'eroe pervenuto nel
mondo dei morti, con l'intento di dargli una cattiva fatagione o di farlo
diventare
una
statua,
di solito
nelle fiabe è ricoperto da un uccello parlante(anche la 'potnia'
mediterranea, la 'signora degli animali' viene raffigurata spesso con
zampe di uccello, vedi la sumera Lilith, che è anche la regina
del regno dei morti). Comunque l'uccello parlante, nelle fiabe, una volta
catturato
diventa l'aiutante(è dotato di onniveggenza)
di colui o colei che è riuscito a non rispondere, a stare zitto
a tutte le sue provocazioni verbali, e dà la svolta
finale al racconto. Spesso in questi racconti, (vi sono descritte le
peripezie di due o più gemelli, di cui spesso uno è una
femmina, scambiati alla nascita con cagnolini o altri animali-la
parte iniziale è come
quella de 'La
sepolta viva' dei racconti piemontesi'-poi, grazie alle
fate, ritornano al paese paterno, ma il personaggio cattivo, di solito
la nonna
paterna, li spinge a fare delle prove molto rischiose, fra cui quella
di andare
a
prendere l'uccello che parla) gli oggetti impossibili e magici che i
gemelli devono conquistare hanno a che fare con la musica: oltre all'uccello
che parla, c'è la mela che suona, l'acqua che balla, l'albero
che canta. Sicuramente erano diffuse al tempo di Mozart queste fiabe,
ma non si può essere certi che abbiano influito su Mozart e sui
librettisti, cioè Emanuel Schikaneder(massone a sua volta, ma
espulso dalla loggia di Ratisbona nel 1789, fu anche il baritono nella
parte di Papageno nella
prima del 1791) e Karl Ludwig Giesecke, altro massone, che collaborò alla
stesura del libretto.
Nella tradizione popolare gli uccelli rappresentano i morti
e i versi
degli
uccelli in
genere sono
nettamente più vicine alle voci femminili e dei bambini, rispetto
a quelle degli uomini. Nell'opera 'Il flauto magico' davvero non manca
il riferimento agli uccelli. I riferimenti classici al canto e contemporaneamente
ai volatili sono Circe, e le Sirene. Questi personaggi mitici sono delle
grandi maghe,
e una
maniera
in cui espletano
la
loro
magia è il canto incantatore. Kirke in greco antico è il
femminile di falco. Le Sirene avevavo zampe palmate di uccello acquatico.
Molti affermano
che fossero compagne di Persefone o di Demetra. Fu al momento del ratto
di Persefone che le sirene avrebbero preso il volo verso la Sicilia;
vennero attribuite loro ali e corpo da uccello per volare alla ricerca
della Kore. Esiste un mito, ritenuto tardo, sulle muse greche. Le muse,
figlie di Zeus e di Mnemosine, avevano delle rivali. Quest'ultime erano
pure 9 e avevano gli stessi loro nomi, ma erano figlie di Pieros(si chiamavano
per questo le Pieridi), e provenivano col padre dalla Macedonia. Le Pieridi
gareggiarono in una gara sul monte Elicona con le muse figlie di Zeus.
Ma perdettero e sarebbero state tramutate in uccelli. Quando le Pieridi
cantarono, tutto si oscurò e nessuno le ascoltò. Quando cantarono le
muse vere, tutto si fermò: il cielo, le stelle, il mare e i fiumi. Qualcosa
di simile produce la musica e del flauto di Tamino e del carillon di
Papageno.
Pare
che Mozart avesse una grande passione per l’espressione onomatopeica
e sopratutto per quella degli uccelli. Sia Papageno, sia Papagena sono
connessi fortemente
agli uccelli, anzi Papagena è una donna-uccello.
Quando il 4 giugno 1787, a pochi giorni dalla tragica perdita del padre,
morì il suo storno, Mozart scrisse per lui addirittura
l’ elogio funebre: ‘Qui
riposa un caro mattacchione...Non era cattivo, era solo un po’ vivace,
qualche volta un bel birbante, quindi non un tontolone...’ .
Molto probabilmente il mestiere di uccellatore al tempo di Mozart era in
declino. Per i nobili, nel medioevo e nel rinascimento, l'uccellagione
e/o la falconeria, era una occupazione direi status symbol. Naturalmente
gli uccellatori, cioè gli esperti nell'addestrare e mantenere gli
uccelli predatori, erano tenuti in gran considerazione. Papageno pare un
poveraccio
che vive alla giornata. La sua condizione probabilmente riflette la caduta
della Regina della notte dopo la morte del Re solare. La Regina della notte
non partecipa a questo tipo di attività, è semplicemente
una consumatrice di volatili. I richiami degli uccelli predatori, nell'ambito
della falconeria
o meno, sono paragonabili ai canti
ammaliatori di Circe(Kirke, falco femmina). Da osservare che l'uccello
predatore, come l'aquila, il falco, lo sparviero, ha una forte ambivalenza.
E' un essere celeste, ma per la sua aggressività può rappresentare
lo spirito che ghermisce le anime, cioè la morte; può rappresentare
il traghettatore che porta le anime dalla terra nell'oltretomba celeste;
può essere l'emblema
dello sposo che porta via la 'promessa'. Numerose divinità egizie hanno
testa di uccello predatore. Il collegamento è al sole, alla luna, alla
volta celeste. Comunque anche nell'antico Egitto era fiorente la falconeria.
A tratti sembra che a subire
un colpo tremendo, in questa opera, sia il fatalismo, l'atteggiamento dei
fatalisti. Cioè la
convinzione che il destino di ogni individuo è già segnato,
che le doti ricevute dal fato, dalle fate, dal destino non possono essere
altrimenti acquisite. E la vicenda di Tamino conferma questa tesi. Alle
doti naturali, il flauto magico donato dalle
'tre dame', Tamino aggiunge la volontà e la determinazione, oltre
alla fede in un un mondo plasmato dall'amore e dalla saggezza. Queste
virtù
coltivate, non ereditate, non donate, gli consentono di superare le
prove iniziatiche. Ma guardando all'opera dall'angolazione della storia
di Papageno questa sicurezza viene meno.
Il lieto fine della vicenda parallela di Papageno sconvolge questa
tesi. Papageno non supera le prove iniziatiche, ma alla fine trova
la felicità nell'incontro
con Papagena. Papageno stesso considera superfluo impegnarsi nel superare
le prove se poi comunque il destino farà in modo che ognuno incontri
la donnetta assegnataci.
Papageno è buffo, eccentrico, sguaiato, irriverente, fanciullesco
dagli scherzi grossolani e
dalle pose animalesche, proprio come viene raccontato Mozart nella sua
vita quotidiana.
Probabilmente c'è lo stesso Mozart nascosto dietro la maschera
di Papageno/l’uccellatore, che vestito
di piume e con una gabbia di uccelli sulle spalle, fischia e canta, tanto
da essere scambiato lui
stesso per uccello. Papagena per due volte compare a Papageno. Ma appena
Papageno le rivolge la parola la ragazza-uccello scompare. Poi suona
il carillon, dote donatagli dalle 'tre dame', e Papagena gli appare per
sempre.
In definitiva la vicenda di Papageno e Papagena sembra originale.
Non c'è nelle fiabe una vecchia donna che si trasforma in una
giovane donna, a meno che non sia una strega. Esiste la trasformazione
di un
uccello in una persona(motivo D350 del modiv-index di S. Thompson). Già
di per sè la vecchia nelle fiabe, se non è malvagia, se
non è
ruffiana, è un
valore, rappresenta la saggezza, l'esperienza. Spesso
è l'aiutante dell'eroe o dell'eroina. Dopo una buona azione, compiuta
dai protagonisti, nei confronti della vecchia, questi vengono premiati
con un oggetto magico o con un consiglio che sarà vitale nel corso
del racconto.
Però nell'Europa del nord, sicuramente al tempo di Mozart,
c'erano delle tradizioni popolari relative alla credenza dello spirito
del grano nell' ultimo
covone. In occasione della mietitura in moltissimi villaggi si svolgeva
tra coloro, uomini e donne, che legavano i covoni di segale o grano,
una gara a chi faceva prima il suo lavoro. C'era la credenza, in alcuni
casi, che nell'ultimo covone, che veniva legato, andasse a nascondersi
lo spirito
del grano. In alcune regioni lo spirito del grano o l'ultimo covone
si chiamava la Nonna. Così nella Prussia orientale alla
mietitura della segale o del grano, dicevano alla donna o all'uomo che
legava l'ultimo
covone: " Tu hai la vecchia Nonna". Nelle vicinanze di Magdeburgo
(Sassonia) facevano a gara a chi avrebbe avuto l'ultimo covone. Si credeva
che a
chi aveva l'ultimo covone sarebbe accaduto di sposarsi entro l'anno,
ma il suo sposo o la sua sposa sarebbe stata vecchia. Oltre che la Nonna,
l'ltimo covone, in Germania, in altre regioni, si chiamava pure la Vecchia o
il Vecchio e
lo vestivano da donna. Coloro che legano l'ultimo covone, hanno la Vecchia o
il Vecchio e vengono canzonati. L'uso di chiamare la Vecchia l'ultimo
covone esisteva pure in Irlanda, in Scozia, nel Galles, in Svezia(J.G.Frazer,
Il ramo d'oro, Dee del grano nell'Europa settentrionale). Papageno è
la canzonatura personificata. E nella sua figura può essere visto
il debole, l'ultimo per lentezza di comprendonio, in questo caso. E
sicuramente,
rispetto a Tamino, è il perdente. Nel senso che non supera le
prove iniziatiche. Come se
fosse
arrivato
ultimo nella gara per la conoscenza del 'bene supremo'. Quindi a Tamino
spetta la giovane Pamina e a Papageno, sarebbe dovuta spettare, la vecchia
Papagena. Ma la credenza popolare delle lande dell'Europa settentrionale
aveva tono scherzoso, e chi è oggetto di scherzo e sta al gioco
riesce molto simpatico. E Papageno sembra stare al gioco della vecchia
Papagena.
Sopra lo scenario di Karl Friedrich Schinkel per un allestimento del Flauto magico, 1815
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